La storia

24 ore passate al Pronto soccorso di Bergamo: «Ho visto rabbia e medici eroi»

Claudia Vanoncini, di Loreto: «Sono entrata al pomeriggio, prima visita a mezzanotte, mille esami, la notte e la specialista. Sono grata ma così non reggono»

24 ore passate al Pronto soccorso di Bergamo: «Ho visto rabbia e medici eroi»
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di Paolo Aresi

La notizia in sé è talmente nota che ripeterla appare noioso o esasperante. I pronto soccorso sono al collasso, a livello nazionale mancano cinquemila medici e dodicimila infermieri, in Bergamasca siamo nella stessa situazione, fatte le proporzioni.

Soffre il Papa Giovanni, soffre l’Asst Bergamo Est. Soffrono le strutture private dotate di questo servizio, come la Gavazzeni. Stiamo ripetendo quanto detto tante volte, anche all’indomani dell’epidemia di Covid-19, ricordate? La sanità deve cambiare, bisogna puntare sul territorio, occorre istituire servizi intermedi… Quando ne verremo fuori dovremo organizzarci in maniera differente… invece, pressoché nulla è cambiato.

Sono state istituite le Case della comunità, ma per adesso la loro efficacia sembra trascurabile. I pronto soccorso scoppiano di nuovo, come accadeva prima del Covid. Non riporteremo cifre e statistiche, raccontiamo invece una storia, molto interessante perché articolata, e onesta.

È la vicenda di Claudia Vanoncini, una signora di Loreto che gestisce un caffè pasticceria tra i più noti in città. Claudia Vanoncini non ha una salute di ferro e i medici li conosce bene. Ecco il suo racconto: «Un pomeriggio, verso fine ottobre, mentre lavoravo, ho notato che il dito mignolo mi è diventato praticamente nero mentre la mano ha cominciato a farmi male. Ho aspettato che tutto passasse da solo e infatti la situazione in qualche ora è migliorata. Soffro di diverse patologie, quindi ai problemi di salute sono abituata, li prendo senza drammatizzare».

Ma una settimana dopo, il venerdì 4 novembre, «mi sono diventati neri il pollice e il palmo della mano e il dolore si è fatto piuttosto forte, non riuscivo nemmeno a sollevare un foglio. Ho aspettato ancora, nella notte le cose sono andate un po’ meglio, allora al mattino sono venuta a lavorare. Ma alle 12.30 mi ha visto un nostro cliente che è medico e che conosce la mia storia clinica, sa che soffro di patologie di origine autoimmune. Mi ha detto di rivolgermi al pronto soccorso perché poteva esserci il rischio di un trombo o di un embolo, temeva che qualcosa bloccasse l’arteria».

Alle tre e un quarto, Claudia si è presentata al pronto soccorso del Papa Giovanni, ha trovato la sala d’attesa piena di gente e (...)

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