Manca la politica. Quella che, con le sue scelte, avrebbe dovuto governare i fenomeni a tempo debito. E che invece, per un motivo o per l’altro, latita da vent’anni. E allora non si possono biasimare i cittadini se, un bel giorno di ottobre (oggi, sabato 25), decidono di andare in piazza a far sentire la loro voce contro il degrado che invade i quartieri, paventando soluzioni che altri non hanno saputo dare.
Manca la politica, dicevamo. Tutta. Quella che da una parte abusa di parole ampollose quanto vacue. E dall’altra paventa un approccio muscolare quanto vuoto. Quella di centrosinistra, che nel suo eterno lasciar fare, sottovaluta o derubrica alla percezione. Incapace di perseguire una vera integrazione attraverso il lavoro. Presa com’è dalla paura che parlare di sicurezza significhi dar ragione a chi cavalca l’onda. Tanto da passare impropriamente per “buonista”, sempre dalla parte dei nuovi arrivati. E quella di destra, incapace di andare oltre i proclami elettorali. Priva del coraggio che serve per effettuare le espulsioni promesse. E nemmeno in grado di fornire un solo strumento – uno – ai Comuni, per provare i risolvere i problemi.
L’ultima normativa in materia di sicurezza urbana risale al 2019, legge Minniti (del Pd). Dà ai sindaci un’unica arma, spuntata anche quella: il daspo urbano. Acqua fresca contro spacciatori e delinquenti. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Il degrado conquista spazi. Lo spaccio invade i quartieri. I cittadini costretti a subire. E i Comuni a inseguire, prendendosi spesso responsabilità non loro.
La cronologia degli ultimi anni, racconta di una rincorsa senza fine. Lunga, quanto vana. Il primo atto è, in epoca Bruni, l’abbattimento delle botteghe della stazione autolinee per far posto alla casa di vetro dell’Urban Center. Risultato, il degrado si concentra alla stazione ferroviaria. Anzi, sul piazzale antistante.
Spaccio, droga, risse, accoltellamenti fra stranieri. Il Comune pensa di alleggerirla con l’unico strumento ampio a disposizione: la riqualificazione urbana. Pertanto, nel lontano 2014, ecco il rifacimento di piazzale Marconi. Via le auto, via gli autobus, nuova fontana, nuove sedute e, fra mille modifiche al progetto originale, la piazza ridisegnata dall’architetto portoghese Ines Lobo prende forma. Risultato: il degrado invece di sparire si sposta trenta metri di lato. Nello slargo defilato e off limits, adiacente al dopolavoro ferroviario.
Il Comune allora decide di eliminare la scalinata d’accesso di via Bonomelli, terra di conquista degli spacciatori. Lo spaccio si ferma? Neanche per sogno. Dilaga in via Paglia, dove peraltro aveva messo radici da tempo. In via Novelli, nonostante la caserma dei carabinieri. E in piazzale Alpini (…)