Cambiamento climatico

Anche la sanità inquina, lo spiegano le Asst bergamasche e l'Istituto Mario Negri

Redatto un manuale per ridurre l’impatto dei servizi sanitari, responsabili del 5,2% delle emissioni di gas serra. I farmaci sono i principali "colpevoli"

Anche la sanità inquina, lo spiegano le Asst bergamasche e l'Istituto Mario Negri
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di Elena Esposto

Il cambiamento climatico è, in modo sempre più evidente, un fattore che condiziona le nostre vite e la nostra salute. Appare dunque paradossale che uno dei settori più inquinanti sia proprio quello sanitario, responsabile del 5,2 per cento delle emissioni complessive di gas serra, il doppio rispetto all’intero trasporto aereo mondiale.

È stato a partire da questa consapevolezza che l’Ordine dei medici di Bergamo e l’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, in collaborazione con l'Asst Papa Giovanni XXIII e l'Asst Bergamo Est, hanno redatto il “Manuale per ridurre l’impronta climatica dei servizi sanitari”, per facilitare la transizione green delle aziende presenti sul territorio italiano. Buone pratiche che, viene sottolineato nella premessa, «non richiedono alcun sacrificio ai pazienti. Al contrario, contribuiscono a migliorare la qualità e la sicurezza delle cure».

I farmaci i primi responsabili

Il 20 per cento delle emissioni di CO2 prodotte dal servizio sanitario è attribuibile al confezionamento, il trasporto, l’uso e lo smaltimento dei farmaci, che - se non correttamente gestiti - possono danneggiare gravemente l’ambiente, contaminando acque e suolo. Il manuale propone di avviare delle iniziative di de-prescrizione e di valutare con attenzione l’appropriatezza delle cure. Per alcuni medicinali - come antibiotici, antidepressivi, benzodiazepine e anche vitamine e integratori - i dati mostrano un uso eccessivo. Un problema non solo per l’ambiente, ma anche per la salute. Un altro modo per limitare l’impatto climatico e lo spreco di imballaggi è anche non accettare né distribuire campioni di farmaci.

Al secondo posto ci sono i trasporti, responsabili del 14 per cento delle emissioni del sistema sanitario. La maggior parte degli ospedali fuori dai centri urbani non sono facilmente raggiungibili con i mezzi per personale e pazienti, costretti perciò all’utilizzo dell’auto. Per ridurre l’impatto ambientale, il manuale consiglia di incoraggiare l’uso di mezzi alternativi, da un lato facilitando l’utilizzo del trasporto pubblico e dall’altro stimolando la mobilità attiva, a piedi e in bicicletta, creando piste ciclabili e percorsi pedonali protetti. Per ridurre gli spostamenti, utile è anche favorire la transizione digitale, dai teleconsulti alla possibilità di visionare i referti online.

Un altro ambito su cui intervenire è quello dell’energia: il 10 per cento delle emissioni sanitarie deriva dall’approvvigionamento energetico. Le strutture spesso si affidano quasi totalmente ai combustibili fossili per il riscaldamento, il raffrescamento e l’illuminazione. L’ammodernamento tecnologico degli edifici, l’efficientamento degli impianti e l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile diventa quindi una priorità.

Il problema dei gas anestetici

Nel processo anestesiologico vengono utilizzati alcuni tra i gas serra più dannosi. Uno di questi, il desflurano, è in grado di trattenere nell’atmosfera una quantità di calore pari a 2.500 volte quella dell’anidride carbonica. Nonostante il Parlamento europeo ne abbia vietato l’utilizzo a partire dal 1 gennaio 2026, in Italia rimane ancora uno dei gas più comuni in anestesia e il suo uso è in costante aumento. Il manuale “bergamasco” consiglia di sostituirlo con prodotti dal minore impatto ambientale e di utilizzare circuiti chiusi che evitino la dispersione dei gas. Quando possibile, poi, sono da preferirsi tecniche anestesiologiche intravenose, spinali o epidurali. (...)

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