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«Antiabortisti e omofobi nel Consiglio delle donne», "Non una di meno" all'attacco

Continua la polemica sull'ingresso delle Pro Vita nell'organismo di Bergamo. Il movimento transfemminista risponde a Paganoni

«Antiabortisti e omofobi nel Consiglio delle donne», "Non una di meno" all'attacco
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La bagarre nata dalla richiesta e dall'ingresso delle Pro Vita nel Consiglio Comunale delle donne di Bergamo sembra non avere fine. Dopo le perplessità espresse da alcune consigliere di sinistra, dopo gli appelli di Ida Tentorio e Cristina Laganà e i contro appelli della sindaca Elena Carnevali, è arrivata la lettera dell'ex consigliere Simone Paganoni, pubblicata sui social e via stampa (anche da noi).

La «democrazia dei potenti»

Quest'ultimo testo, incentrato su temi quali i processi democratici e il diritto di parola, non è piaciuto al movimento "Non una di meno Bergamo", che ha risposto a Paganoni: «Una lettera di una persona, maschio, già consigliere comunale per 35 anni, a proposito dell'ingresso dei Pro Vita nel Consiglio delle Donne, è stata diffusa consecutivamente per tre giorni da tutti i media cittadini. Invocando a sproposito una concezione di democrazia che dà voce solo a chi voce ne ha già in abbondanza - la sua lettera lo dimostra - per mettere a tacere le istanze delle donne, riportarle al silenzio e all'obbedienza. Una democrazia dei potenti che reclama diritto di parola e vuole occupare gli spazi di chi i potenti li subisce da millenni. Una democrazia dove si schiaccia con violenza tutto ciò che germoglia nonostante il privilegio».

«Antiabortisti e omofobi»

Continuano: «In questo testo si parla del presunto diritto degli antiabortisti e degli omofobi a sedersi nel Consiglio delle Donne, con il loro portato storico e pratico contrario all'emancipazione femminile e alla loro autodeterminazione, contrario all'educazione alla parità, irrispettoso delle differenze, discriminante, nemico della donne che acquisiscono il controllo sulle proprie vite. Contrario a questi che sono i valori e i principi che definiscono l'attività e la partecipazione al Consiglio».

Un posto per l'autodeterminazione delle donne

Concludono: «Siamo impressionate dalla dimostrazione di forza e dalla scorta mediatica fornita a questa lettera. Siamo impressionate dal silenzio che fa da cassa di risonanza a un testo privo di spessore, di conoscenza dei temi, di argomenti. Ci chiediamo perché, ancora una volta, siamo noi transfemministe le uniche a difendere uno spazio del quale non facciamo parte, ma che riteniamo unico e importante per il suo valore simbolico. Esiste uno spazio delle donne, dove solo chi si impegna per l'autodeterminazione della donne ad acquisire il controllo delle proprie vite può entrare. Lo vuole occupare chi le donne le vuole sottomesse e rinchiuse nel ruolo stabilito dal patriarcato. Chi invece lo vuole difendere è opportuno che faccia sentire la propria voce. Ora».

Commenti
Francesco Giuseppe

Essere contro l'aborto o contro l'adozione di bambini a coppie omosessuali è un diritto in democrazia, come lo sono le opinioni opposte. Invece queste "paladine" delle donne esigono con superbia e prepotenza violente, di poter parlare solo loro! Difendere i diritti delle donne, dove c'è la libertà di parola (quella che loro, dittatorialmente, negano agli altri) è molto più facile che farli con le donne iraniane in lotta davvero per i loro diritti minimi. Nessuno ha mai sentito queste chiacchierone antidemocratiche, difendere e manifestare per le iraniane, né per la giornalista appena arrestata in Iran. Pensino a difendere queste donne, invece di parlare a vanvera di omofobi. Le opinioni sono ancora libere in Italia e a Bergamo, nonostante loro.

Matteo

Queste signore lamentano che si cerchi di "mettere a tacere le istanze delle donne, riportarle al silenzio e all'obbedienza". In Italia ogni anno vengono praticati 100.000 aborti. I numeri ci dicono che le donne sono libere di gestirsi come credono. Essere antiabortisti è una posizione legittima che queste signore vogliono solo tacitare.

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