Bergamo apre le porte alle famiglie di Kabul. E arrivano già offerte di lavoro e di alloggi
L'assessore Messina: «Ho ricevuto tantissime telefonate e mail di cittadini e imprenditori che vogliono aiutarli»
di Wainer Preda
Bergamo si prepara. L’assessorato comunale ai Servizi sociali, guidato da Marcella Messina, è già al lavoro per gestire l’accoglienza dei profughi in arrivo dall'Afghanistan. Saranno una ventina, in questa fase iniziale. Poi i numeri, inevitabilmente, saranno destinati a crescere.
Assessore, Bergamo è stato il primo Comune d’Italia a mettersi a disposizione di questa emergenza umanitaria. Una bella dimostrazione di civiltà, direi.
«Il nostro sindaco Giorgio Gori ha subito dato la sua disponibilità, a lui va il merito. Noi come Servizi sociali siamo entrati subito in operatività, insieme a Caritas, cercando il dialogo con la Prefettura per capire come gestire la situazione. Se all’interno dello Sprar comunale o attraverso l’accoglienza prefettizia. Le prime venti persone, circa quattro nuclei familiari, arrivano attraverso l’accoglienza prefettizia».
Spieghiamo ai cittadini cosa significa?
«Significa che queste persone saranno inserite negli appartamenti gestiti da Caritas nella provincia di Bergamo. Sono luoghi già individuati».
Chi sono questi venti rifugiati?
«Sono persone che hanno lavorato per la missione italiana. Sono già arrivati in Italia e stanno facendo la quarantena nei centri militari. Il più vicino a noi è quello di Brescia».
Questo per la prima fase. Poi?
«In un primo tempo il ministro Di Maio aveva parlato di 2500 persone che hanno collaborato con il governo italiano e l’ambasciata italiana a Kabul. L’ultimo aggiornamento parla di seimila, in tutta Italia».
Quanti troveranno accoglienza a Bergamo?
«Al momento non sappiamo quanti ne arriveranno nella nostra regione e in provincia di Bergamo. Però sappiamo che non arriveranno più attraverso l’accoglienza prefettizia ma attraverso lo Sprar, ovvero il SAI, il sistema d’accoglienza. I Comuni saranno chiamati a fare il punto della situazione e a comunicare al sistema centrale SAI quanti nuclei e quante famiglie sono disponibili ad accogliere. Poi ci sarà un decreto che indicherà la procedura da attuare e in quale modo saranno distribuiti sul territorio nazionale».
Come vi state preparando?
«Il nostro compito, insieme alle organizzazioni che si occupano di accoglienza e che sono già in rete nel nostro Sprar, sarà quello di valutare quanti appartamenti e quali strutture possiamo mettere a disposizione».
Indicativamente che disponibilità abbiamo a Bergamo?
«A oggi possiamo accogliere altre trenta, quaranta persone negli appartamenti disponibili. Però dobbiamo capire i numeri che ci darà il sistema nazionale».
Il problema arriverà nei mesi successivi.
«Esatto. Adesso arriveranno le seimila persone più collaboranti. Poi il Prefetto ci ha fatto capire che da gennaio è probabile l’arrivo di altre persone attraverso i corridoi umanitari e altri percorsi. Lì sarà tutto da capire. Quali strutture, quale circuito, quali numeri e quant’altro».
Le previsioni parlano di centomila persone in arrivo, in tutto. È realistico?
«Non credo sia realistico. Nel senso che lo Sprar di solito si muove su un numero molto più limitato di persone. A livello comunale, sono bandi da 30-40 persone».
A quel punto sarà importante un’iniziativa europea, immagino.
«Esatto, vediamo anche come se la gioca l’Europa».
Quant'è la capacità massima di accoglienza a Bergamo, fermo restando che l'immigrazione dall'Africa non si ferma?
«Noi potremmo accogliere una cinquantina di persone. Il sistema centrale ha sottolineato che saranno per lo più nuclei familiari. Teniamo conto che il numero oscillerà in base alle disposizioni che saranno date ai Comuni».