È di pochi giorni fa la notizia di quanto accaduto all’ospedale San Raffaele di Milano, dove un intero reparto è andato in crisi dopo l’invio di personale esterno privo delle competenze necessarie. La vicenda riporta l’attenzione su una modalità sempre più diffusa anche nel territorio bergamasco, sottolinea Fp Cgil Bergamo in una nota: l’appalto dei servizi infermieristici a cooperative o società esterne per sopperire alla carenza di organico.
Un modello presente anche in provincia di Bergamo
Si tratta di un modello che riguarda da vicino anche la provincia di Bergamo, ovvero all’interno del Gruppo San Donato e degli Istituti ospedalieri bergamaschi, il cui amministratore – il dott. Francesco Galli -, ha rassegnato le proprie dimissioni, in quanto amministratore unico anche dell’Irccs San Raffaele di Milano, dopo il terremoto dei giorni scorsi.
Il personale di alcune unità operative delle due strutture bergamasche del Gruppo, spiega il sindacato, è stato affidato ad alcune cooperative esterne: nello specifico si tratta dell’unità di Riabilitazione/Post-acuti del Policlinico San Pietro di Ponte San Pietro, che conta circa cinquanta posti letto, e della Chirurgia del Policlinico San Marco di Zingonia, con circa quaranta posti letto.
«Quanto accaduto a Milano – afferma Andrea Bettinelli della Fp Cgil Bergamo – desta profondo sconcerto. È l’esito di un modello che, anziché rafforzare i reparti, scarica il problema su lavoratrici, lavoratori e pazienti».
Secondo il sindacato, ricorrere a personale esterno non risolve la carenza strutturale di infermieri e professionisti sanitari, aggravata dalla fuga di personale registrata negli ultimi anni e rischia anzi di indebolire ulteriormente la qualità dell’assistenza.
«L’assistenza ospedaliera non può essere frammentata né affidata a logiche di mercato – prosegue Bettinelli -. La priorità deve essere l’assunzione stabile di personale dipendente, adeguatamente formato, retribuito e valorizzato, l’unica soluzione che garantisce qualità, continuità assistenziale e tutela dei pazienti».
Per la Fp Cgil, la direzione da prendere è chiara: riportare all’interno delle aziende i reparti oggi esternalizzati e investire in modo adeguato sulle professioni sanitarie. «Servono condizioni di lavoro migliori, una valorizzazione economica reale e rinnovi contrattuali adeguati – conclude Bettinelli -. Solo così si restituisce attrattività a chi ogni giorno garantisce cure ed assistenza di qualità».
Cisl Fp Bergamo: «Non fare di tutta l’erba un fascio»
«Non si dovrebbe fare di tutta l’erba un fascio», è invece il monito di Katia Dezio, segretaria di Cisl Fp Bergamo. «È evidente che il problema va ben oltre le esternalizzazioni a società cooperative, all’uso di liberi professionisti o gettonisti: ce ne sono alcuni che hanno tutti i requisiti per poter svolgere il loro lavoro in totale sicurezza, sia per gli operatori che per i pazienti e, mi verrebbe da aggiungere, anche per gli amministratori unici o delegati: non sono una categoria da demonizzare a prescindere».
Il problema, secondo Dezio, è a monte: «il controllore». La segretaria suggerisce di chiedere all’assessore Bertolaso e al presidente di Regione Fontana, così come alle Ats, «di spiegarci il perché, o quale sia la ratio secondo cui vengono concessi gli accreditamenti a gruppi, enti o società private che non dispongono del personale necessario per far funzionare in autonomia le strutture e le specialità per le quali vengono richiesti gli accreditamenti, siano esse ospedaliere che socio-sanitarie».
«Non pare avere molto senso – aggiunge – che vengano finanziate proprietà o società per erogare determinate prestazioni e che poi le stesse vengano delegate, magari sottocosto, ad altri». Non nega che il mancato rinnovo contrattuale abbia desertificato le strutture, «ma questo è un principio elementare facilmente comprensibile e gestibile dal datore di lavoro e dalle associazioni datoriali che lo rappresentano. Non solo, il privato esige anche dalla Regione la copertura dei costi del rinnovo contrattuale, per poi affidare ad altri le unità operative e i servizi. È un gioco sottile, ma un po’ fumoso, per non dire sporco».
Dezio evidenzia anche l’aggravante dei carici di lavoro sempre più pesanti e gravosi per il personale in corsia e nei servizi, i continui rientri in servizio e gli straordinari richiesti. «Come si può avvicinare un giovane o una giovane ad una professione così complessa e di responsabilità, se poi durante il turno non ha nemmeno il tempo di pensare? Cerchiamo di trarre insegnamento dal terremoto del San Raffaele, per avere veramente voglia di fare il punto della situazione e di cambiare il metodo che ormai pare non reggere più».