Covid, in Bergamasca la sottovariante di Omicron BA.2 nel 58% dei positivi
Assente a gennaio, era stata rilevata nel 9% delle positività accertate a febbraio. Il balzo in avanti nella prima metà di marzo
Anche in provincia di Bergamo la sottovariante di Omicron BA.2 sta prendendo velocemente il posto dell’originaria Omicron BA.1, arrivando in questi giorni a determinare il 58 per cento dei casi risultati positivi al Covid. È il dato che emerge dagli studi effettuati nell’ambito della partnership tra l’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e l’Asst Bergamo Est.
Tra i campioni sequenziati dal momento della comparsa di Omicron in Bergamasca, il 20 dicembre scorso, alla prima metà di marzo, la sottovariante BA.2 non è stata riscontrata nel mese di gennaio, mentre è stata rilevata nel 9 per cento delle positività accertate a febbraio, prima di balzare al 58 per cento registrato nella prima metà di marzo.
I dati attuali arrivano dal sequenziamento dei campioni risultati positivi tra quelli raccolti nella prima metà di marzo dall’Asst Bergamo Est, analizzati nei laboratori di Calcinate; i sequenziamenti sono poi stati effettuati nel laboratorio di immunologia e genetica delle malattie rare dell’Istituto Mario Negri, che opera sotto la direzione di Marina Noris.
«La pandemia non è finita e la risalita dei contagi in questi giorni, spinta dalla variante emergente BA.2 ne è la dimostrazione - spiega Ariela Benigni, segretario scientifico del Mario Negri e coordinatrice delle ricerche di Bergamo e Ranica -. La sottovariante di Omicron BA.2 è più infettiva dell’originaria e colpisce chi ha un sistema immunitario più debole, come gli anziani, ma la vaccinazione a ciclo completo e i nuovi farmaci contro il Covid ci forniscono un certo margine di tranquillità».
«Dai dati preliminari che arrivano dal Sud Africa, dal Regno Unito e dalla Danimarca, dove l’immunità ottenuta grazie alla vaccinazione o in seguito all’infezione con il virus è molto alta, non emerge una differenza nella severità della malattia causata da Omicron 2 (BA.2) rispetto a Omicron (BA.1) - sottolinea Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri -. Inoltre, gli studi ci dicono che la malattia causata da Omicron 1 garantisce una forte protezione contro un’eventuale reinfezione da Omicron 2. Resta comunque prioritaria la vaccinazione, completa di terza dose, che protegge dalla malattia grave. Purtroppo, il numero di non vaccinati è ancora alto per diverse fasce d’età, compresi i bambini, e questo rappresenta un ampio bacino di diffusione per il virus».
«La variante Omicron BA.2 deve continuare ad essere considerata una cosiddetta "variant of concern" e ad essere monitorata come un distinto sottolignaggio della Omicron – commenta Annapaola Callegaro, direttore dell'Unità operativa complessa di Medicina di laboratorio dell'Asst Bergamo Est, a cui fa capo il laboratorio del Pot di Calcinate –. Contiene, infatti, nella proteina spike mutazioni diverse da Omicron BA.1. Sembrerebbe essere più contagiosa di Delta e di Omicron BA.1 e in grado di infettare maggiormente anche le persone vaccinate. È la direzione in cui va uno studio danese che ha analizzato un campione di 8.541 persone in ambiente domestico tra dicembre e gennaio: laddove era presente la versione originaria (ossia BA.1) la probabilità che un congiunto si infettasse era del 29 per cento mentre quelle in cui era presente BA.2 il tasso risultava pari al 39 per cento. Analisi successive hanno confermato che le persone non vaccinate sono quelle più vulnerabili all’infezione. Nel mondo BA.1 rappresenta oltre il 98 per cento dei casi di Omicron, mentre in Danimarca BA.2 è diventato il ceppo dominante nella seconda settimana di febbraio e sta emergendo anche in altri Paesi, come in Francia e in Italia. È evidente l’importanza dal punto di vista epidemiologico e clinico di continuare a monitorare l'insorgenza delle varianti virali, in particolare utilizzando il sequenziamento che è l'unico strumento che consente di identificare i sub-lineage delle varianti principali e altre proteine del virus».
«La collaborazione con l’Istituto Mario Negri ci sta consentendo di identificare velocemente le nuove varianti – aggiunge il direttore generale dell’Asst Bergamo Est Francesco Locati -. È determinante avere informazioni di questa natura per rivedere e perfezionare modelli e protocolli. I processi, che necessitano di metodologie e personale dedicato, sono complessi: il campione deve essere trattato e processato nella cabina di sicurezza di un laboratorio e può durare giorni. Questi dati possono rivelare importanti informazioni, compresi andamenti epidemiologici che i dati sui pazienti, da soli, non sono in grado di evidenziare. Monitorare l’evoluzione di Sars-CoV-2 è utilissimo per sviluppare e mantenere la precisione della diagnosi del Covid: se i test vanno alla ricerca di caratteristiche virali rese obsolete dall’evoluzione, potrebbero diventare inaffidabili nel tempo o in luoghi diversi. Anche la progettazione dei vaccini è collegata direttamente all’informazione genomica».
Dall’inizio della partnership tra i due istituti, avviata a maggio 2021, sono stati 1.000 i campioni sequenziati nei laboratori di genetica dell’Istituto Mario Negri tra i campioni analizzati dall’Asst Bergamo Est. L’obiettivo della partnership è di avviare un percorso di collaborazione applicabile ai diversi ambiti di ricerca scientifica di comune interesse; l’Istituto Mario Negri può beneficiare del supporto logistico e organizzativo delle strutture ospedaliere dell’Asst Bergamo Est, mentre l’Azienda sociosanitaria territoriale può avvalersi del supporto metodologico e scientifico sviluppato dai ricercatori dell’Istituto. Il progetto prioritario che coinvolge le due strutture si inserisce nelle attuali esigenze in termini di contrasto alla pandemia e si focalizza proprio sul sequenziamento di Sars-CoV-2.