È giusto rinviare ancora un trapianto per far spazio in ospedale a un no vax?
Nel 90% dei casi i ricoverati per Covid non sono vaccinati. Il primario Fagiuoli: «Essere costretti a questa scelta oggi è intollerabile»
di Andrea Rossetti
A differenza di tanti suoi colleghi, il dottor Stefano Fagiuoli, direttore del Dipartimento di Medicina dell’ospedale Papa Giovanni, non ha parlato spesso a giornali e tv. E questo nonostante sia stato sin dal marzo 2020 in prima linea, ammalandosi anche. «Sinceramente, nei primi mesi c’era altro da fare. Dopo, invece, ritengo che noi della comunità scientifica abbiamo dato il peggio dal punto di vista comunicativo. Quindi preferisco fare il mio», spiega. E sta continuando a farlo: al Papa Giovanni è lui a gestire l’organizzazione dei posti letto destinati ai pazienti Covid nei reparti non intensivi, che ora rischia di dover essere rivista a causa della quarta ondata.
Dottore, vi state preparando?
«In questo momento la situazione è logisticamente immutata. Fino a dieci giorni fa i numeri erano contenuti: avevamo una media di 20, 25 ricoverati nei reparti non intensivi e 3 o 4 nell’intensiva. Da una settimana a questa parte, la situazione è un filo peggiorata. Attualmente ospitiamo 35 pazienti Covid in area medica e 6 in intensiva».
Il suo collega Lorini ha detto che siete praticamente pieni.
«Da ormai diversi mesi teniamo 40 posti letto in area medica e 8 in intensiva per i pazienti Covid. Quindi diciamo che siamo vicini al limite della capacità standard. Martedì (23 novembre, ndr) ci siamo riuniti nell’Unità di crisi e abbiamo discusso proprio di questo, vagliando le varie possibilità. Molto dipenderà dalle indicazioni di Regione. Però, se mi permette, la situazione attuale è molto diversa da quelle precedenti...».
Perché?
«Lasciando stare la prima ondata, che è stata una cosa di una violenza inaudita, nella seconda e nella terza abbiamo comunque destinato tutte le nostre energie alla cura dei pazienti Covid, trovandoci così costretti a rinviare interventi chirurgici e cure di altri pazienti fragili. Da un po’ stiamo lavorando al 110 per cento per recuperare il tempo perso. E questa nuova ondata arriva in un momento molto delicato».
Nel caso in cui aumentaste i posti letto Covid, vi trovereste costretti a togliere posti ad altri pazienti...
«Sì, e questa è per me una cosa intollerabile. Mi troverei in enorme difficoltà ad andare da persone fragili, che necessitano ad esempio di un trapianto di fegato e che si sono protette col vaccino, e dire loro che siamo costretti a rinviare nuovamente tutto per curare pazienti Covid che, nel novanta per cento dei casi, non sono vaccinati. Capirei la loro rabbia, la loro sfiducia».
Cosa farete quindi?
«È più un ragionamento personale, un dilemma etico. Dal punto di vista organizzativo, rispetto al passato recente bisognerà fare una scelta strategica più accurata, perché ci sono nuovi equilibri».
Se vi trovaste costretti nuovamente a bloccare alcune attività dell’ospedale per il Covid, la colpa sarebbe dei no-vax?
«Credo che su questo punto sia necessario fare un po’ di chiarezza. Come le ho detto, ritengo che la comunità scientifica abbia dato il peggio di sé dal punto di vista comunicativo in questi quasi due anni. Abbiamo parlato troppo e male. Non mi stupisce, quindi, che molte persone siano impaurite, disorientate. Queste persone non sono no-vax. E investirò ogni briciola delle mie energie per convincerle a fare la cosa giusta».
Ma ci sono anche i no-vax ideologici.
«Ecco, nei loro confronti ho ormai raggiunto una condizione ascetica: non ci parlo. Con chi blatera di grafene, di 5G, terrapiattismo e dintorni, be’, non spreco energie. Ma glielo assicuro: sono pochi. La maggioranza sono persone impaurite e disorientate da una comunicazione scientifica che non è stata all’altezza».
Eppure in tv molti suoi colleghi si trovano a dialogare con convinti no-vax.
«È vergognoso e sbagliato: un medico, uno scienziato, non può essere messo sullo stesso piano di uno che dice certe cose. Ma la tv fa apparire le due posizioni ugualmente valide: così non è. Quando mi capita di vedere programmi del genere, cambio canale. Il nostro narcisismo scientifico non può che peggiorare le cose, preferisco occuparmi dei pazienti, della realtà».