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Erano in tremila a manifestare per la Palestina a Bergamo. Niente scontri, ma sette persone portate in questura

Ieri (lunedì 22 settembre) grande corteo tra le vie del centro. Fumogeni, cori, ma nessun grave incidente

Erano in tremila a manifestare per la Palestina a Bergamo. Niente scontri, ma sette persone portate in questura

Bergamo ha vissuto una giornata di forte mobilitazione ieri, lunedì 22 settembre. Dopo il presidio studentesco della mattina in piazzale Alpini, il centro cittadino si è riempito di bandiere, cori e cartelli nel tardo pomeriggio. Alle ore 18, in Porta Nuova, oltre tremila persone si sono radunate per il presidio indetto nel giorno dello sciopero generale nazionale a sostegno della Palestina.

La grande bandiera palestinese, srotolata all’incrocio dei Propilei, è diventata il simbolo della manifestazione, che in pochi minuti si è trasformata in un grande corteo. La folla, composta in gran parte da studenti ma anche da famiglie e lavoratori, ha percorso le vie del centro tra canti e slogan: «Palestina libera», «Abbasso le armi, alzate i salari». Il traffico si è fermato, e la città si è lasciata attraversare dal lungo serpentone.

Sul palco improvvisato 

Dal palco improvvisato e da un megafono, sono arrivate parole di denuncia: «Scioperiamo perché non possiamo più stare in silenzio di fronte al genocidio. Nelle scuole non ci lasciano parlare di Gaza, eppure educare significa prendere posizione. Oggi lo facciamo insieme, lavoratori, studenti e famiglie». I manifestanti hanno chiesto «giustizia per il popolo palestinese», scandendo cori come «Netanyahu assassino» e «vergogna». La mobilitazione, organizzata con il sostegno dell’Unione sindacale di base, ha trovato l’adesione di diversi settori: insegnanti, operatori della sanità, precari e studenti, uniti sotto lo stesso messaggio.

Tensioni

Ma la giornata non è stata priva di tensioni. Come riportato dal Corriere, il corteo, arrivato davanti a Palazzo Frizzoni, ha rivolto cori di protesta verso l’amministrazione comunale, gridando “ipocriti” per l’assenza della bandiera palestinese sulla facciata del municipio. Il portone era chiuso e presidiato dalla polizia, e gli inviti a far uscire la sindaca Elena Carnevali non hanno avuto risposta immediata. Così la manifestazione ha proseguito in direzione della stazione. Poco dopo, però, la prima cittadina è uscita insieme ad alcuni assessori e ha parlato ai presenti.

Nel suo breve discorso ha definito inaccettabile l’incertezza della posizione italiana sul conflitto, ricevendo anche applausi dai manifestanti. Circa mezz’ora più tardi il corteo è tornato davanti al municipio. Carnevali, impegnata in Consiglio comunale, è uscita di nuovo insieme al vicesindaco Sergio Gandi e ad altri membri della giunta. In quell’occasione i manifestanti hanno consegnato un elenco di richieste, scritto da un cittadino palestinese di Bergamo, e una bandiera da esporre sul palazzo comunale. Anche il consigliere Alberto Ribolla, che ieri si trovava a Palazzo Frizzoni, ha condiviso sui social il proprio disagio: «Stasera surreale uscita dal Consiglio comunale di Bergamo – scrive -. Pacifisti che urlavano e che hanno insultato me e le mie colleghe consigliere con epiteti irriferibili, mentre ci incamminavamo tranquilli verso le nostre abitazioni. Se pensano di fermare le guerre (cosa che tutti vogliamo) con la violenza, verbale e non solo, non siamo certo sulla giusta strada».

Altro momento di tensione alla stazione: un gruppo di manifestanti è entrato, occupando il binario 1 ovest cercando di bloccare un treno. Alla fine, sette persone sono state fermate e portate in questura.

A Bergamo da Milano 

Durante la marcia è stato citato anche ciò che era accaduto a Milano lo stesso giorno: lì i giornali hanno riportato immagini di scontri con la polizia e di manifestanti a volto coperto che lanciavano oggetti, mentre un gruppo di attivisti arrivati a Bergamo dal capoluogo lombardo ha raccontato tutt’altra storia. «La nostra era una protesta pacifica – hanno spiegato, con tono orgoglioso -. Ma ciò che è stato raccontato non corrisponde a quello che abbiamo vissuto».

Un contrasto che ha alimentato ancora di più il dibattito: per alcuni il corteo è stato un gesto necessario di solidarietà internazionale, per altri un’invasione che ha bloccato strade e stazione.