Colpito un allevamento

Focolaio di influenza aviaria nel Cremasco, provvedimenti anche nella Bassa Bergamasca

I venti Comuni orobici coinvolti dovranno osservare alcune limitazioni e rispettare scrupolose misure di biosicurezza

Focolaio di influenza aviaria nel Cremasco, provvedimenti anche nella Bassa Bergamasca

Ats Bergamo ha istituito una zona di protezione e sorveglianza in buona parte della Bassa Bergamasca, dopo che in un allevamento avicolo di Casale Cremasco, in provincia di Cremona ma al confine con la nostra, è stato riscontrato un focolaio di influenza aviaria ad alta patogenicità. Saranno quindi, per un mese, imposte delle limitazioni su fiere, mercati e spostamenti.

I Comuni bergamaschi coinvolti nel provvedimento

Quella riscontrata nell’allevamento cremasco è la variante H5N1 del virus, normalmente diffusa tra gli uccelli ma che in passato ha infettato anche l’uomo. Il focolaio, come riportano i colleghi di PrimaTreviglio, ha fatto scattare le misure di prevenzione internazionale, così da limitare la diffusione del virus.

Due quindi i provvedimenti adottati dall’azienda sanitaria bergamasca. La prima è l’istituzione di una zona di protezione nel raggio di tre chilometri dal focolaio, che include i Comuni bergamaschi di Barbata e Isso, più una zona di sorveglianza estesa in un raggio di dieci chilometri.

I Comuni orobici coinvolti sono quindi, oltre ai due già citati: Antegnate, Bariano, Calcio, Calvenzano, Caravaggio, Covo, Fara Olivana con Sola, Fontanella, Fornovo San Giovanni, Misano Gera d’Adda, Morengo, Mozzanica, Pagazzano, Pumenengo, Romano di Lombardia e Torre Pallavicina.

La seconda misura riguarda invece l’adozione di scrupolosi accorgimenti di biosicurezza da parte degli allevatori, a cui si affiancano limitazioni alla movimentazione di pollame e volatili più in generale, pulcini, uova e materiali considerati a rischio, come previsto dal Regolamento UE 2020/687. Vietate anche fiere, mercati, esposizioni e rilascio di selvaggina da penna.

Già in passato, nella nostra zona, si era verificati casi di infezione anche in allevamenti, portando all’abbattimento dei capi.  Il virus dell’aviaria, documentato in Italia per la prima volta più di un secolo fa, circola infatti nella popolazione selvatica di diverse specie di uccelli da anni e non è raro che colpisca anche allevamenti.