Presidio a Palazzo Frizzoni

I familiari delle vittime del Covid in piazza: «La commissione d'inchiesta è una farsa»

Il team di legali ha anche mostrato i documenti che confermano una riunione avvenuta il 25 gennaio 2020 tra Speranza e i rappresentanti delle Regioni, fino a oggi negata

I familiari delle vittime del Covid in piazza: «La commissione d'inchiesta è una farsa»
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di Federico Rota

Si sono radunati questa mattina, sabato 31 luglio, all’esterno di Palazzo Frizzoni: erano poco meno di un centinaio i familiari delle vittime del Covid, con indosso una maglietta blu e striscioni con l’hashtag “#sereni”. Insieme a loro, i cittadini che li sostengono nella loro battaglia per la verità con indosso un adesivo blu; la scritta è la stessa: “#sereni”.

«Ho perso mio marito – racconta una signora -, avremmo dovuto festeggiare 55 anni di matrimonio, invece ero da sola. Per mia fortuna ho l’affetto delle mie figlie. Quanto è successo è un’ingiustizia, per questo ho trovato la forza per essere qui oggi. Bisogna farsi sentire».

Al presidio, pacifico, hanno partecipato anche l’ex direttore generale del Pesenti-Fenaroli di Alzano Lombardo Giuseppe Marzulli, il medico in pensione che si oppose alla riapertura dell’ospedale dopo la scoperta dei primi positivi, e il generale dell’esercito in pensione Pierpaolo Lunelli.

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Sotto accusa la commissione parlamentare d’inchiesta Covid, che dovrebbe essere varata dalla Camera, ma che indagherà solo rispetto a quanto avvenuto prima del 30 gennaio 2020, in virtù di emendamenti presentati nelle Commissioni Esteri e Affari sociali e votati dai parlamentari bergamaschi Alberto Ribolla ed Elena Carnevali. Ma, soprattutto, c’è delusione per il silenzio tenuto dal sindaco Giorgio Gori e dagli altri politici bergamaschi per l’approvazione “in corsa” degli emendamenti abrogativi.

«È inaccettabile e incomprensibile quanto è successo – osserva il dottor Marzulli -. È quantomeno farsesco che i limiti temporali dell’indagine vengano limitati al 30 gennaio dell’anno scorso, quando il primo caso di Covid in Italia ufficialmente riconosciuto si è avuto il 20 febbraio e, nella Bergamasca, il 22 febbraio. È talmente assurdo che è impossibile non contestare questa decisione. Colpisce il silenzio dei politici bergamaschi di fronte a questa farsa».

Una tale commissione d’inchiesta, commentano, non è nient’altro che una manovra politica che servirebbe a insabbiare errori e mancanze nella gestione della pandemia. In piazza Matteotti c’era poi un piccolo gruppo di persone residenti in provincia di Crema, che hanno perso i propri cari ricoverati nelle Rsa.

«La politica sta lanciando un messaggio opposto rispetto alla volontà di fare chiarezza – aggiunge l’avvocato Consuelo Locati, che fa parte del pool di legali che rappresentano 500 familiari nella causa civile contro Governo e Regione Lombardia -. Stiamo pacificamente esprimendo il nostro disappunto partendo da Bergamo, città simbolo della pandemia, ma questa manifestazione è rivolta a tutti i cittadini italiani».

Non chiudendo la Val Seriana si è chiusa l’Italia

L’avvocato Locati evidenzia anche come la mancata chiusura della Val Seriana abbia contribuito all’istituzione del lockdown nazionale.

«L’ostinazione a non chiudere la Val Seriana ha bloccato un intero Paese – sottolinea -. Chiediamo verità, la dobbiamo a tutti gli italiani. Agli imprenditori, agli artigiani, ai ristoratori, ai commercianti che sono stati costretti a chiudere. La dobbiamo a chi ha perso il lavoro e ai ragazzi, che hanno dovuto sacrificare scuola e relazioni. Oltre a una verità giudiziaria, deve emergere anche una verità storica».

La riunione precedente alla definizione di “caso sospetto Covid”

I legali dei familiari, in passato, avevano anche dato atto di una riunione avvenuta il 25 gennaio del 2020 tra il Ministro della Salute Roberto Speranza, il direttore generale della prevenzione e i rappresentanti delle Regioni. Un incontro che, fino ad oggi, nessuno ha ammesso, ma del quale si ha avuto conferma per la prima volta.

«Ho fatto richiesta di accesso agli atti in Regione Lombardia, ma non ho ancora avuto risposta – spiega Consuelo Locati -. L’onorevole Galeazzo Bignami, unico ad averci sempre sostenuto condividendo documenti, ha fatto un’analoga richiesta alla Regione Emilia-Romagna, che ha confermato la convocazione inviata a tutte le Regioni. Nella risposta si dice anche che “non risulta agli atti di questa direzione generale il verbale di tale incontro, a seguito del quale sono state messe in atto le prime attività inerenti la gestione delle eventuali infezioni da nuovo coronavirus”».

Questo documento è importante perché gli avvocati hanno collegato la riunione del 25 gennaio con la modifica della circolare del Ministero della Salute, pubblicata due giorni dopo, in cui si riduceva il perimetro della definizione di caso sospetto Covid e, di conseguenza, provvedere agli isolamenti e al tracciamento.

«Abbiamo sempre ritenuto che la circolare del 27 gennaio derivasse dagli accordi emersi nella riunione precedente - conclude l’avvocato Locati -. I rappresentanti delle Regioni hanno sempre contestato queste affermazioni ma sono provate da questo atto, che potrebbe rientrare nell’indagine della commissione d’inchiesta modificata dagli emendamenti abrogativi. È un’ulteriore riprova della tendenza istituzionale a sottacere la verità, anche prima della dichiarazione dello stato d’emergenza».

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