Riforma sanitaria

I sindacati avvertono: «Forti criticità sulla programmazione delle Case di Comunità»

Giacomo Meloni ha esortato: «Facciamo in modo che non siano solo interventi di ristrutturazione di immobili»

I sindacati avvertono: «Forti criticità sulla programmazione delle Case di Comunità»
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A Seriate cittadini e autorità sanitarie si sono ritrovati e confrontati oggi, martedì 29 novembre, con Cisl e Fnp all'Auditorium della biblioteca per fare il punto sulla questione delle Case di comunità, una delle principali novità della riforma sanitaria regionale, che il sindacato pensa «necessiti di un’analisi profonda dei contenuti e delle prospettive».

Le Case di comunità secondo Cisl

Mario Gatti, segretario della Cisl di Bergamo, ha sintetizzato il pensiero del sindacato: «Le Case di comunità devono essere, oltre che strumento prossimo di risposta alla persona, anche il luogo non solo fisico dove costruire l’integrazione e la sintesi fra i due principali soggetti istituzionali coinvolti: Comuni e aziende sociosanitarie territoriali (Asst).  Devono diventare il luogo della programmazione e della progettazione della salute , dove organizzare la raccolta del bisogno, la lettura multidisciplinare dei fenomeni sociali che caratterizzano il territorio (invecchiamento, denatalità, inclusione sociale, povertà, le condizioni di vita del contesto relazionato), deve favorire il protagonismo della comunità, gli strumenti formali e informali della partecipazione, come favorire progetti di salute nella visione del bene comune, come costruire la cultura della salute».

Le contraddizioni della Lombardia

Secondo il sindacato di via Carnovali, è importante parlare delle problematiche del sistema sanitario, spiegare quali modifiche ha portato la Riforma, perché nuovi nomi e modalità di accesso possono rappresentare un ostacolo per chi non ha seguito gli ultimi cambiamenti. Le criticità dell'attuale sistema sono state sollevate da Giacomo Meloni, segretario generale di Fnp-Cisl, che ha sottolineato: «Fruire del servizio sanitario spesso risulta un’impresa, soprattutto per quanto concerne i tempi e le liste di attesa per visite diagnostiche, specialistiche. In una regione e in una provincia dove spesso la medicina è all’avanguardia, specialmente quella ospedaliera, pare anacronistico che, se non si hanno a disposizione adeguate risorse economiche, curarsi sia un’impresa. Si va purtroppo sempre più affermando in Lombardia, il principio che senza la carta di credito curarsi adeguatamente e in tempi adeguati, con il servizio sanitario nazionale, sia pressoché impossibile».

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Le criticità delle case di comunità

Il segretario Meloni ha quindi portato avanti il proprio ragionamento, spingendolo alle future Case di Comunità: «Sugli aspetti della progettazione delle case rileviamo elementi di forte criticità, come la definizione di 40/450.000 abitanti per ogni casa di comunità, mentre ci lascia perplessi la possibilità di avere all’interno delle case di comunità tutti i sevizi medici e infermieristici previsti dal piano regionale, perché sia gli uni che gli altri sono carenti, in linea generale e in particolare a Bergamo e provincia, dove malgrado il prossimo inserimento di 46 nuovi medici di base, rimane una carenza significativa, di 79 medici di medicina generale ad ora, come pure la disponibilità di infermieri e medici specialistici, con il rischio, di lasciare scoperta la presenza di professionisti presso la nuova struttura, come purtroppo sta avvenendo nelle case di comunità già avviate. Le case di comunità ci sono, facciamo in modo che non siano solo o prevalentemente interventi di ristrutturazione di immobili, ma vedano al loro interno operativi, professionali ed efficienti tutti i servizi sanitari e sociali  che la normativa regionale prevede».

Massimo Giupponi, direttore di ATS Bergamo, ha spiegato in difesa delle case: «Quella delle case della comunità è una soluzione organizzativa che favorisce l’integrazione dei servizi territoriali. Sono tutte realtà che hanno fatto fatica a collaborare negli ultimi anni, per cui non si può pensare di recuperare tutto il tempo perso in un solo anno. Serve tempo: puntiamo a completare la realizzazione nel 2026. Sarà opportuno far convergere energie e desideri per costruire utile nel territorio verso l’implementazione dei servizi». Sulla stessa linea Francesco Locati, direttore della Asst Bergamo est «Dobbiamo impegnarci a rispettare gli impegni presi  per lo sviluppo del polo territoriale delle Asst, perché diventano un elemento fondante che si basa sulla possibilità di usare gli investimenti previsti dal Pnrr».

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