Polemiche

Il "Pronto soccorso a pagamento" di Zingonia e altre critiche: i medici di base rispondono

Il segretario di Bergamo replica alle accuse secondo cui i dottori non vorrebbero lavorare nelle Case di Comunità, causando code negli ospedali

Il "Pronto soccorso a pagamento" di Zingonia e altre critiche: i medici di base rispondono
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Dopo alcune critiche ricevute su media e social, la Federazione italiana dei medici di Medicina generale di Bergamo ha voluto rispondere, tramite il proprio segretario provinciale Ivan Carrara, a quelli che definisce «attacchi che si sono fatti sempre più frequenti e che insistono, da diversi mesi, sui medesimi punti, partendo da errati preconcetti».

Ivan Carrara

La partecipazione alle Case di Comunità

Stavolta al centro della questione c'è l'ambulatorio ad accesso diretto (per molti una sorta di "Pronto soccorso a pagamento") del Policlinico San Marco di Zingonia, sul quale anche la Federazione ha espresso delle perplessità e che qualcuno riconduce anche a un'assenza di medici dalle Case di Comunità, i quali non vorrebbero parteciparvi:

«Sono in corso, ormai da mesi, tavoli con la parte pubblica [...], in cui il nostro sindacato si è messo a disposizione [...]. Chiaro è che se la Casa di Comunità viene intesa solamente come uno spostamento dell’indirizzo del nostro ambulatorio, lasciando sguarniti i centri periferici, siamo contrari, come del resto i cittadini».

Non lavorano 15 ore a settimana

Carrara ha voluto poi smentire il luogo comune per cui i medici di famiglia lavorerebbero quindici ore a settimana, a fronte delle 38 di un dottore in ospedale:

«Basterebbe controllare per capire che mediamente un medico di assistenza primaria lavora dalle 10 alle 12 ore al giorno, e accanto all’attività ambulatoriale deve garantire l’assistenza domiciliare ai suoi assistiti allettati ed espletare le incombenze burocratiche. [...] Non vi è dubbio che l’attività dei medici di medicina generale andrebbe meglio coordinata e integrata, ma questo è compito delle Aziende Sanitarie, più avvezze alla centralizzazione ospedaliera che alla complessità della rete territoriale».

Non devono essere dipendenti

I medici di famiglia, poi, per la Fimmg non devono essere dipendenti, come a volte si è sostenuto:

«Conti alla mano, risulterebbe economicamente insostenibile per il sistema sanitario, che dovrebbe fornire ambulatori, auto, autista, personale di studio, utenze varie. Si verrebbe a creare una situazione paradossale in cui di fatto sarebbe impossibile garantire la copertura dei periodi di ferie e malattia, che, ad oggi, sono totalmente a carico del medico. [...] È profondamente ingiusto ed errato sostenere che la convenzione dei medici di famiglia non sia parte del Sistema sanitario nazionale, perché è stata voluta nella legge 833/78 proprio per garantire al cittadino la libertà di scelta, resa difficile dalla carenza di professionisti».

Non si ridurranno gli accessi al Pronto soccorso

Altra frase che, a quanto pare, è stata letta e udita spesso dalla Federazione è quella per cui se i medici di famiglia lavorassero di più, ridurrebbero gli accessi ai Pronto soccorso:

«I pazienti, negli ultimi anni, accedono ai Pronto soccorso in maniera maggiore perché eseguire visite ed esami in tempi brevi, senza ricorrere al privato, è diventato sempre più difficile [...]. Diversi studi, sia nazionali che internazionali, documentano che costituire una sorta di “guardia medica diurna” non influenza il numero di accessi».

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