Il signor Colombo, che al cimitero di Vailate restaura le tombe dei bimbi di inizio Novecento
Il pensionato 77enne ha raccontato la sua opera certosina per ripulire lapidi e statue, ricostruendo anche la storia del paese

Al cimitero di Vailate un pensionato di 77 anni, Gianfranco Colombo, ogni mattina si mette al lavoro per restaurare le lapidi dei bambini piccoli morti a inizio Novecento. Un lavoro che richiede tempo e dedizione, a cui si dedica anche per ricostruire le vicende e le dinamiche di una vita quotidiana, andata dimenticata tanto tempo fa, che poteva essere molto dura. In questo modo, restituisce anche un pezzo di storia al paese.
Un pezzo di storia del paese
La sua opera quotidiana viene raccontata da PrimaTreviglio. Ogni giorno entra nel camposanto appena si apre il cancello automatico. La sua meta è sempre la stessa: il "Campo degli angioletti", dove riposano i bambini morti più di un secolo fa, alcuni vissuti solo pochi giorni. Là, tra piccole tombe dimenticate, Gianfranco rimuove muschi, pulisce iscrizioni, ritocca lapidi e restituisce dignità a quelle vite mai vissute.
«Che bellezza e quanta umanità ispirano queste tombe» ha raccontato soddisfatto. Ma il suo non è solo un gesto di cura. È una vera e propria operazione di recupero della memoria collettiva. Secondo Gianfranco, infatti, ogni lapide ha una storia da raccontare, e molte le ha scoperte proprio grazie a un colpo di spugna. «Per esempio ci sono tre tombe di neonati che portano tutti lo stesso nome e cognome: Luigi Marelli - ha spiegato -. Due erano fratelli, il primo morto dopo appena un mese di vita, il secondo dopo sette. Il terzo era invece loro cugino».
Un dettaglio toccante che racconta molto di un’epoca in cui la perdita dei più piccoli era una tragica consuetudine. «Molte lapidi sembrano fatte con lo stampino - ha osservato - e questo dice tanto sull’altissimo tasso di mortalità infantile nei primi decenni del Novecento» Altre curiosità emergono quasi come piccoli misteri da romanzo gotico: «Pulendo ho trovato il braccio spezzato di un angioletto scolpito - ha detto ancora il pensionato -. Era infilato nella terra, con la mano rivolta verso l’alto, come se chiedesse di essere ritrovato. L’ho raccolto e l’ho riattaccato».
Un restauro impegnativo
Si tratta di lavori tutt’altro che semplici e Gianfranco non è nuovo alla pazienza certosina che richiede il restauro. «Alcune lapidi del cimitero sono in arenaria, una pietra delicatissima, mentre altre in marmo - ha chiarito - Togliere i muschi è semplice mentre lo è meno togliere i licheni. Per farlo, applico della candeggina che lascio agire per un’oretta, di modo che il lichene muoia e che poi possa rimuoverlo con una spazzola. Da ultimo, siccome l’arenaria è porosa, per chiudere i pori, do una passata di carta vetrata».
A dargli una mano - almeno con i consigli - è stato un chimico di Agnadello, Edgardo Barticelli, che lo ha aiutato a capire come trattare ogni materiale con il rispetto che merita. Ma la domanda sorge spontanea: perché lo fa? Gianfranco non ha dubbi: «Voglio dare a questi piccoli una degna presentazione - ha risposto - e conservare una parte assai rievocativa della storia vailatese». E mentre molti scrollano le notizie del mondo dal cellulare, lui con uno strofinaccio, una spazzola e un cuore grande, ogni giorno, riscrive silenziosamente un pezzo di memoria locale nel cimitero.