In migliaia in stazione contro la guerra in Ucraina. Gori: «Difendiamo libertà e democrazia»
Piazzale Marconi si è tinto di giallo e di blu, colori della bandiera Ucraina, e si è riempito di cartelli contro l'invasione Russa e contro Putin. Il sindaco ha ribadito che Bergamo farà la propria parte nell’accoglienza dei profughi
di Federico Rota
Da Milano a Roma, da Aosta e Torino a Napoli e Bari. L'Italia intera, dal Nord al Sud, si è mobilitata a sostegno del popolo ucraino, con decine di manifestazioni di piazza. Un moto di denuncia collettiva contro la guerra e contro l’invasione russa in Ucraina, a cui ha aderito anche Bergamo.
In piazzale Marconi, di fronte alla stazione, oggi pomeriggio, sabato 26 febbraio, erano attese 500 persone, ma all’appello per la pace hanno risposto centinaia e centinaia di manifestanti (se ne contano almeno mille), anche famiglie con bambini al seguito. La piazza di fronte alla stazione, gremita già prima delle 15, si è tinta di giallo e di blu, i colori della bandiera ucraina, ma sono state fatte sventolare anche le bandiere arcobaleno e quella dell’Unione Europea. Altri manifestanti hanno esibito cartelli su cui era scritto «Stop war in Ucraine», «Stop Putin, stop war», «Slava Ukraini (Gloria all'Ucraina)».
Il presidio per dire no alla guerra, aperto dall’inno nazionale ucraino, è stato organizzato dalla comunità ucraina di Bergamo (che in città conta circa 1.500 persone, uno dei più nutriti gruppi stranieri nel capoluogo), insieme alla Rete per la pace e al Coordinamento provinciale bergamasco degli enti locali per la pace e i diritti umani, con il sostegno di Palazzo Frizzoni.
«Abbiamo chiesto il permesso per 200 persone, ma la piazza è piena – ha evidenziato Yaroslava Vyshnevska, presidente dell’associazione Zlaghoda e referente della comunità ucraina a Bergamo -. Voglio ringraziare tutti voi, che oggi state al nostro fianco. Chiediamo a tutta l’Europa di dare sostegno e massimo aiuto per fermare Putin. Non è possibile che nel 2022 in Europa ci sia la guerra, dobbiamo fermare ciò che sta arrivando. All’Europa chiediamo di coprire il cielo perché gli aerei bombardano tutte le città dell’Ucraina».
«Abbiamo paura ogni volta che riceviamo una chiamata dal nostro Paese – ha detto dal palco una cittadina ucraina, Olga -. Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti, di qualsiasi aiuto umanitario. Abbiamo bisogno di medicinali, perché nessuno si aspettava questa guerra. Non siamo dei disperati, chiediamo aiuto e basta».
Al presidio in piazzale Marconi (inizialmente organizzato in Porta Nuova) hanno aderito tutte le forze politiche che siedono a Palazzo Frizzoni, centrosinistra, centrodestra e Movimento 5 Stelle, presenti in piazza, affiancati da esponenti di altri partiti politici, sindacati, Acli, organizzazioni non governative e associazioni.
«Non una guerra, ma un’invasione. Non un conflitto, ma un’invasione armata. A 2 mila chilometri da qua, in Europa, i missili, i cannoni e i carri armati della Russia di Putin stanno mettendo a ferro e a fuoco l’Ucraina senza alcuna giustificazione - ha sottolineato il sindaco Gorgio Gori -. Non c’è alcuna giustificazione possibile per l’aggressione di un popolo libero. Siamo qui per fare ammenda delle debolezze nostre, dell’Occidente di fronte all’invasione della Crimea perché da lì nasce questo nuovo attacco. Abbiamo accettato con rassegnazione e con cinismo che a Mosca si consolidasse un potere autoritario e rapace come se non ci riguardasse perché dovevamo fare affari con la Russia. Non solo, alcuni leader politici italiani hanno per anni lodato le qualità di Putin».
«Siamo qui per dire al nostro Governo di non esitare a condividere le risposte più dure che l’Unione Europea vorrà dare a questa gravissima violazione del diritto internazionale – ha aggiunto Gori -. Anche se questo avrà per noi dei costi. Dire di essere per la pace è molto facile, bisogna invece essere pronti a fare dei sacrifici perché l’unico modo per fermare Putin è colpire con determinazione gli interessi economici della Russia, anche se questo avrà un costo per l’Italia. A sanzioni dure è molto probabile che corrispondano controsanzioni, ma se diciamo solidarietà ai cittadini ucraini non possiamo avere alcuna esitazione di fronte a questa possibilità. Quando sono in gioco i principi di libertà e democrazia tutto il resto deve venire dopo. Guai ad abbandonare la democrazia ucraina, ad annacquare le sanzioni o a negare aiuti alla resistenza. Non stiamo difendendo solo quel Paese sotto attacco, stiamo difendendo noi stessi, la nostra libertà, la nostra democrazia, i nostri valori. L’invasione di Putin cambia il mondo. La nostra bussola può essere solo quella di fermare l’attacco».
Il sindaco ha anche ribadito che il Comune sarà pronto a fare la propria parte nell’accoglienza dei profughi. «Si stimano circa 4 milioni di profughi che busseranno alle porte dell’Europa. Anche Bergamo farà la sua parte nell’accogliere chi ne avrà bisogno. Ci impegneremo per dare anche un aiuto materiale ai nostri amici ucraini, la Caritas di Bergamo ha raccolto una raccolta fondi che il Comune ha deciso di sostenere (QUI IL LINK). Donate, perché è il modo più concreto per dimostrare ai nostri concittadini ucraini che siamo davvero al loro fianco».
Nel frattempo, anche molte altre realtà del territorio e la comunità ucraina si sono uniti per raccogliere beni di prima necessità da donare poi ai profughi ucraini in fuga. In particolare, si cercano medicinali e abbigliamento intimo nuovo, quali calzini e mutande. Chi non avesse partecipato oggi al presidio in piazzale Marconi può contribuire portando questo genere di aiuti al presidio in programma domani, domenica 27 febbraio, alle 15, in Porta Nuova.