Il fenomeno

Infermieri vittime di violenza, verbale e fisica: 125mila i casi non denunciati

Anche Bergamo e la provincia non sono immuni al fenomeno, anche se è difficile quantificare un numero. «Ma se chiedessimo a ognuno di loro se nel corso della carriera hanno ricevuto maltrattamenti, tutti o quasi risponderebbero di sì»

Infermieri vittime di violenza, verbale e fisica: 125mila i casi non denunciati
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Sono circa 130 mila gli infermieri che nell'ultimo anno hanno subito violenze durante le ore di lavoro. È quanto emerge dalla ricerca “Cease-it, violence against nurses in the work place” (tradotto letteralmente: “violenza contro gli infermieri sul posto di lavoro”), condotto da otto università italiane su iniziativa della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi). Violenze soprattutto verbali, come gli insulti, ma in molti casi anche aggressioni fisiche: spintoni, strattonate, lancio di oggetti e perfino percosse. Ogni anno l'Inail registra undicimila casi di violenza, di cui cinquemila arrivano da infermieri. Senza contare i casi non denunciati, che danno vita al fenomeno “sommerso” di cui si stimano 125 mila vittime.

Anche Bergamo e la provincia non sono immuni al fenomeno, sebbene sia difficile indicare un numero certo che quantifichi le violenze a carico degli infermieri. «Ma, se chiedessimo a ognuno se nel corso della loro carriera hanno ricevuto maltrattamenti verbali o fisici, tutti o quasi risponderebbero di sì – ha spiegato Gianluca Solitro, presidente dell'Ordine degli infermieri di Bergamo, intervistato da Bergamonews che ha riportato la notizia –. Soprattutto si tratta di insulti e aggressioni verbali, mentre sono meno frequenti le violenze fisiche. Considerando che quella infermieristica è una professione prettamente femminile, trovandosi di fronte una donna, a molti risulta più facile alzare la voce e comportarsi in maniera poco rispettosa».

Ad accentuare il problema c'è la carenza del personale, che costringe gli infermieri a farsi carico di più pazienti (il rapporto attuale è 1 a 12, mentre l'ideale sarebbe 1 a 6) e aumentare il rischio di “burnout”, ovvero quella condizione causata da un esaurimento nervoso in seguito ad un forte stress in campo lavorativo. A ciò bisogna aggiungere che, secondo lo studio, il 10,8% di chi ha subito certe violenze presenta successivi danni permanenti sia a livello fisico che psicologico. Per garantire la sicurezza degli infermieri – come ha spiegato Barbara Mangiacavalli, presidente della Fnopi – è necessario inserire la professione tra le categorie usuranti, nonché aumentare l'attuale organico con settantamila infermieri aggiuntivi.

«Molti infermieri non denunciano la violenza subita. Tante volte sporgono denuncia solo quando ricevono una violenza fisica, che risulta palese, mentre gli insulti e tante altre umiliazioni sono considerate parte della routine e passano sotto silenzio – conclude Solitro –. È inconcepibile che chi sta svolgendo il proprio lavoro venga insultato. Prima dell’emergenza Covid-19 avevamo lanciato una campagna mediatica per sensibilizzare sull’argomento, che era già ben presente, poi siamo diventati eroi e adesso sono tornate le violenze. La somministrazione delle vaccinazioni anti-Covid ha aggravato la situazione perché molti infermieri avevano invitato la cittadinanza a vaccinarsi e tanti no vax li hanno presi di mira».

Proprio per celebrare gli operatori del Servizio sanitario nazionale, impegnati in prima fila nella lotta alla pandemia, per la prima volta nella storia della Repubblica alla tradizionale parata del 2 giugno sfileranno – accanto alle Forze armate – anche i rappresentanti di oltre 1,5 milioni di professionisti della Salute – medici, medici veterinari, infermieri, farmacisti, ostetriche, tecnici sanitari, professioni della riabilitazione e della prevenzione, chimici, fisici, biologi, psicologi, assistenti sociali – a testimonianza del loro «valoroso impegno nel combattere un virus che altrimenti sarebbe stato difficile contenere».

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