Demoliti i capannoni

La gloriosa storia dell'Ismes, adesso che al suo posto nascerà un piccolo quartiere

13 nuovi edifici ospiteranno 130-150 persone. La società fu il fiore all'occhiello della competenza tecnologica e ingegneristica bergamasca

La gloriosa storia dell'Ismes, adesso che al suo posto nascerà un piccolo quartiere
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di Angela Clerici

Sono partite le ruspe e i capannoni della vecchia Ismes sono andati giù. Ora, se non capiterà come con la ex caserma Montelungo di via San Giovanni, fra non molto partiranno i lavori di bonifica dell’area e quindi si allestirà il cantiere per la costruzione del nuovo piccolo quartiere, tredici edifici in totale, caseggiati sostenibili, ecologici e così via.

Dal 1988 quest’area era abbandonata e da molti anni si pensava a una nuova funzione: per trentatré anni è rimasta regno di gatti e topi e di qualche senza casa che ha trovato riparo nei vecchi capannoni a cavallo tra la via Ponte di Pietra e il viale Giulio Cesare. Siamo vicini allo stadio, sulle strade che portano al Monterosso.

La storia della ex Ismes è di quelle che risultano interessanti. In quel luogo, fino alla fine degli anni Quaranta, esisteva una fabbrica di biciclette. Si trattava di un’area industriale: da una parte le biciclette, dalla parte opposta la grande industria tessile, la Reggiani. A poche decine di metri, all’inizio della via Ponte Pietra, accanto alla curva Nord dello stadio, la Mazzoleni (unica sopravvissuta, azienda metallurgica). Erano le ultimi propaggini costruite della città, oltre si trovava il paradiso verde del Monterosso, con il torrente Tremana, le cascine, i campi, gli orti, i frutteti.

La Ismes si insediò all’inizio degli Anni Cinquanta: il suo nome per esteso era Istituto sperimentale modelli e strutture. Era una società all’avanguardia, voluta da Italcementi e da diverse aziende elettriche che avevano bisogno di qualcuno in grado di controllare costruzioni (dighe) e impianti: all’Ismes si sperimentavano modelli e strutture, si facevano le prove, si calcolavano forme, spinte e spessori per le costruzioni più ardite del pianeta, dalle dighe ai grattacieli, si approfondivano studi per la resistenza ai terremoti. Ancora le simulazioni al computer erano di là da venire, quindi i modelli andavano testati in modo sperimentale con macchinari progettati appositamente.

Nel giro di pochi anni, l’Ismes di Bergamo diventò il punto di riferimento per numerose nazioni anche all’Est europeo. In piena guerra fredda, negli anni Sessanta, la Bulgaria si rivolse all’Ismes perché controllasse e suggerisse modifiche per alcune dighe sul suo territorio. Fu l’Ismes a verificare le strutture del grattacielo Pirelli di Milano, orgoglio dell’Italia della Ricostruzione. Poi negli anni Ottanta il trasferimento a Seriate e, in seguito, lo smantellamento.

Ma torniamo ai caseggiati che sostituiranno finalmente l’Ismes. Per anni si fecero diverse ipotesi, a un certo punto si pensava che nell’ex istituto sperimentale potesse trovare spazio l’università di Bergamo, ma poi la soluzione venne scartata, forse perché la sistemazione del complesso costava troppo rispetto al vantaggio di spazio che l’ateneo ne avrebbe ricavato. Quindi, niente università e niente industria di avanguardia, niente polo della ricerca sulla sicurezza delle costruzioni, gioiello della nostra ingegneria. Arriveranno invece delle belle casette e la zona diventerà residenziale.

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