La pausa voluta dal Conad di Curno posticipa il fine turno: commessa vince la causa
La lavoratrice, dopo il primo rigetto dal Tribunale di Bergamo, si era rivolta alla Corte d'Appello di Brescia che le ha invece dato ragione
Giornate programmate "al minuto", un gioco di incastri tra impegni di lavoro e accudimento dei figli: la fine del proprio turno posticipata di quindici minuti può risultare, quindi, in un enorme disagio per moltissimi genitori lavoratori.
E così è stato anche per una dipendente part-time dello Spazio Conad, gestito da Mgs Ipermercati di Curno: una pausa, imposta dall'azienda, si è rivelata tutt'altro a favore della cassiera, che si è quindi rivolta al Tribunale di Bergamo convinta dell'illegittimità della variazione del suo orario di lavoro.
Assistita da Filcams-Cgil di Bergamo e dall'avvocato Valentina Mattiozzi, il primo ricorso - datato settembre 2021 - era stato rigettato dal giudice. La donna si è allora rivolta alla Corte d'Appello di Brescia che, con una recente sentenza, le ha invece dato ragione.
Respinto il risarcimento danni
«Ora, è noto che quando il contratto è a tempo parziale, l'orario di lavoro come concordato dalle parti al momento dell'assunzione non è modificabile dal datore di lavoro - si legge in un passaggio della sentenza -. La giurisprudenza della Corte di Cassazione è consolidata nell’affermare che nei contratti a part-time, la programmabilità del tempo libero (eventualmente in funzione dello svolgimento di un'ulteriore attività lavorativa) assume carattere essenziale e giustifica l'immodificabilità dell'orario da parte datoriale».
In poche parole, con l'introduzione unilaterale (cioè decisa dalla sola azienda) della pausa obbligatoria, i datori di lavoro hanno effettuato una modifica - seppur modesta - alla «collocazione oraria della prestazione» che è considerata pari alla modifica dell'orario di lavoro, la quale «doveva essere concordata tra le parti». La Corte d'Appello ha sancito così il diritto alla lavoratrice a svolgere il lavoro secondo il vecchio orario, senza pausa, respingendo però la domanda di risarcimento danni che aveva avanzato.
«L'esito di questa sentenza - ha dichiarato Nicholas Pezzè, segretario generale della Filcams-Chil di Bergamo - dimostra che la scelta di Mgs non è stata ponderata nel modo corretto, creando disagio alla lavoratrice per quanto concerne la conciliazione tra vita lavorativa e personale. Oggi, a distanza di più di tre anni, la dipendente ha riacquisito un diritto che le era stato tolto».