La situazione in carcere: «Gli anni della pena devono essere usati, non sprecati»
L’incontro “Liberi di ricominciare: carcere e lavoro”, organizzato il 9 giugno nella Sala Galmozzi da Azione Bergamo, ha fatto il punto sulle tante cose che non vanno

di Elena Esposto
«Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri». Una citazione dalla paternità incerta - attribuita di volta in volta a Dostoevskij, Voltaire, Brecht o persino a un ex detenuto canadese degli Anni Sessanta -, ma ancora incredibilmente attuale. L’ha ricordata Valentina Lanfranchi, garante per i diritti delle persone private della libertà del Comune di Bergamo, durante la conferenza “Liberi di ricominciare: carcere e lavoro”, tenutasi lunedì 9 giugno nella Sala Galmozzi in via Tasso, su iniziativa di Bergamo in Azione.
Moderato da Simonetta Fiaccadori, l’incontro ha visto la partecipazione di Fabrizio Benzoni, deputato di Azione e segretario regionale del partito in Lombardia, Luigi Gelmi, vicepresidente dell’associazione Carcere e territorio, Giulia De Duro, della Caritas diocesana, Federico Merelli, referente della Commissione carcere della Camera penale, e Carlo Foglieni, presidente nazionale dell’Associazione italiana giovani avvocati.
Un sistema al collasso
Tema centrale, la drammatica situazione del sistema carcerario. «Il sovraffollamento è solo la punta dell’iceberg - ha detto Benzoni. I detenuti vivono in condizioni incompatibili con la dignità umana, e il numero di suicidi lo dimostra. La maggior parte dei casi avviene tra i quindici e i trenta giorni dall’ingresso in carcere e coinvolge spesso giovani. Ogni volta che una persona perde la vita mentre è affidata alla responsabilità dello Stato è una sconfitta per tutta la società».
Anche il carcere di via Gleno non fa eccezione. Secondo i dati forniti dal Ministero della Giustizia (aggiornati al 10 giugno), vi sono detenute 597 persone a fronte di 319 posti disponibili. Carenza anche nel personale: mancano 32 agenti di polizia penitenziaria (189 in servizio su 221 previsti) e due educatori su sei. Un dato allarmante, considerando che circa il quaranta per cento della popolazione detenuta soffre di disturbi psichici o dipendenze.
A queste difficoltà si sommano quelle strutturali. «Ho visto celle allagate e spazi talmente ridotti da costringere un detenuto a rimanere sdraiato per permettere al compagno di muoversi - ha raccontato l’avvocato Merelli -. In alcuni casi, il fornellino a gas veniva appoggiato nel bidet per mancanza di spazio».
Tempi lunghi e orizzonti assenti
Le carenze del sistema carcerario sono accompagnate da quelle della giustizia (...)
Basta mandare tutti gli stranieri a scontare la pena al loro paese di provenienza e si risolve tutto. E si svuotano le carceri