La vita sospesa dei profughi ucraini in Bergamasca
Non trovano casa perchè non hanno lavoro. Non hanno lavoro perché non conoscono la lingua e non sanno quanto resteranno
di Luigi de Martino
La guerra va avanti ormai da più di sei mesi e per le famiglie ucraine fuggite da bombe e terrore accolte in Bergamasca i problemi si stanno moltiplicando. Un dramma nel dramma, del quale all’orizzonte non si vedono soluzioni.
Trascorsa la prima fase, segnata da un abbraccio collettivo, col passare del tempo la presenza nella nostra provincia di circa trecento famiglie in una condizione di provvisorietà sta mettendo a dura prova anche coloro che - bergamaschi o gli stessi ucraini già residenti - generosamente hanno offerto un alloggio sfitto o una stanza. Una condizione pesante sia in termini di convivenza - ci sono casi di 7-8 persone che vivono in un bilocale - sia dal punto di vista economico, a causa dell’aumento dei costi dell’energia e dei prezzi in generale.
La questione di fondo è che nessuno, né i profughi né le persone che li hanno accolti, aveva immaginato che il conflitto scatenato dalla Russia durasse così a lungo. E ora vivere in un Paese straniero senza una casa e senza un lavoro per molti ucraini si sta trasformando in un incubo.
Alcune famiglie, in genere quelle residenti a Ovest o nella capitale Kiev, dove non sono in corso combattimenti, hanno fatto ritorno in patria. La maggior parte, invece, attende lo sviluppo degli eventi, con la sensazione di non essere più così benvenute. Le agenzie immobiliari non affittano appartamenti a persone senza un contratto di lavoro fisso. E, d’altra parte, per gli ucraini non è facile trovare un’occupazione quando non si conosce la lingua, oltre al fatto che non tutti sono disposti ad accettare un qualsiasi lavoro senza saperlo fare (...)