Lettera di un giovane bergamasco terrorizzato dalla guerra: «Ho perso il senso delle cose»
«Attorno a me le persone mi danno del folle, io ho il terrore di essere stato semplicemente il primo ad accorgersene e a capire. Spero di sbagliarmi»
«Egregio direttore,
La guerra, quella vera, a pochi passi da casa e con la sensazione che potrebbe arrivarci addosso, proprio da un momento all'altro. Nelle mani di una sola persona, trascinati emotivamente da minacce sempre più insistenti e dal ricordo di quelle pagine di storia che conosciamo a memoria, di conflitti terribili iniziati per gradi, con piccole conquiste, fino a sterminare mezza Europa. Un pazzo o uno stratega: cambia poco.
Da giorni la mia vita si è completamente interrotta, la notte non dormo, sono tornato a casa dalla mamma implorandola di tornare bambino. Ma non si può. Allora l’ho implorata di scappare con me, prima che sia troppo tardi. Un vortice di geopolitica ed emozioni: le emozioni di una violenza insensata vista e rivista; la geopolitica non ricorda nel passato recente invasioni in piena regola. Il nucleare sventolato sotto ai nostri occhi, la compattezza dell’Europa tanto elogiata ma che, egoisticamente, fa solo presagire il peggio. Non mangio da giorni, solo il necessario. Ho fatto una spesa di cibo a lunga conservazione. Scorte di acqua. Mi sono informato su dove poter fuggire, ma in Europa nessun posto è davvero sicuro. Dove sono i missili della Nato in Italia? Troppo vicini a casa.
Attorno a me le persone mi danno del folle, io ho il terrore di essere stato semplicemente il primo ad accorgersene e a capire. Spero di sbagliarmi. Nel frattempo le immagini di Kiev, di Kharkiv, di Leopoli, di Mariupol. E ancora, le parole di Lavrov, di Putin, di Zelensky. Ogni singola parola esca dalle loro bocche accartoccia il mio stato d’animo. Impotente, paralizzato dal terrore, aggrappato agli analisti e agli esperti che mi rassicurano sempre meno. La sensazione che sia tutto finito, finito per davvero. Addirittura la rabbia verso mia madre, che mi ha costretto a nascere e a crescere: non l’ho chiesto io, non serviva. Ho paura e ho perso il senso delle cose. Il mondo è cambiato, la storia è cambiata. Ed è un oceano in burrasca rispetto a me, su una barca a remi che mi ero illuso, in questi anni, che sarebbe bastata ad arrivare in porto.
Lettera firmata»
Il commento del direttore
È impressionante questa lettera che trasmette tutta l’angoscia e la sincerità di un giovane bergamasco. Noi capiamo la sua preoccupazione ma coltiviamo la speranza che ci viene comunque dalla calma e dalla ragionevolezza. A nessuno conviene una guerra devastante, ancora meno una guerra nucleare. Questa considerazione non toglie la drammaticità del momento che stiamo vivendo, ma ci rassicura un poco. Stiamo attraversando un frangente delicatissimo della storia, ma, per quanto è possibile saperne, elementi di responsabilità sono ancora presenti nell’operato di Putin e degli altri attori di questa vicenda. Altrimenti Kiev sarebbe già stata rasa al suolo.