Bergamo e Brescia

L'impatto del Covid sugli ospedali: ricoveri programmati ancora sotto la media pre-pandemica

Uno studio finanziato da Regione per analizzare ospedalizzazioni, accessi al Pronto soccorso e prescrizioni di farmaci durante le prime ondate

L'impatto del Covid sugli ospedali: ricoveri programmati ancora sotto la media pre-pandemica
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La pandemia da Covid-19 ha messo in crisi il sistema sanitario e l'impatto delle ospedalizzazioni urgenti soprattutto durante la prima e seconda ondata ha rallentato inevitabilmente i ricoveri programmati. Una situazione che ancora oggi non è stata risolta e che, come racconta PrimaTreviglio, è stata tra i punti in discussione ieri (3 marzo) in Ats Bergamo, durante il workshop per la "Valutazione dell'impatto di Covid-19 ed elaborazione di strategie e strumenti di mitigazione del rischio epidemico".

Un seminario per conoscere il Covid-19

Si tratta di un progetto finanziato da Regione Lombardia attraverso un bando di ricerca il cui responsabile scientifico è il professor Lorenzo Giovanni Mantovani per l'IRCCS MultiMedica (capofila). Nell’ambito del seminario sono state presentate le principali evidenze emerse da questa importante ricerca, che ha visto come attori in partenariato i seguenti Enti, di ambito clinico, universitario e territoriale: Alberto Zucchi di Ats Bergamo, Giovanni Maifredi di Ats Brescia e Giampietro Mezzaglia dell'Università degli Studi Milano-Bicocca.

Sinergia tra enti per evitare nuove crisi

Ad aprire il seminario è stato il direttore generale di Ats Bergamo Massimo Giupponi che ha subito sottolineato come queste esperienze di progettualità e operatività in comune tra enti accademici, clinici e territoriali siano fondamentali per costruire evidenze scientificamente solide e utili ai fini della programmazione delle attività dei singoli territori, perché si minimizzino i rischi che questi eventi si ripetano, e si ripetano con l’impatto estremamente rilevante che hanno avuto con la pandemia.

«La diffusione del Coronavirus è il principale problema di sanità pubblica degli ultimi 100 anni ed è destinato a mutare drammaticamente la percezione del rischio di pandemie - ha esordito Mantovani - Analizzarne e comprenderne l’origine, le modalità di diffusione e l’impatto sul sistema sanitario è fondamentale per l’elaborazione di strategie di mitigazione del rischio, in modo tale che eventi come questo non si ripetano o non portino a conseguenze tanto catastrofiche. Tale obiettivo passa per l’approfondita conoscenza della contagiosità e patogenicità dell’infezione, delle caratteristiche cliniche dei soggetti contagiati (in particolare i fattori che li rendono più suscettibili a esiti infausti) e delle conseguenze in termini di sanità pubblica, al fine di elaborare modelli previsionali che permettano di attuare tempestivamente strategie preventive efficaci».

Gli obiettivi del progetto

In questo contesto, gli obiettivi principali del progetto sono stati: colmare le lacune nella conoscenza della storia naturale dell’infezione e dalla patologia associata Covid-19; chiarire se la storia dell’infezione varia in relazione alle caratteristiche del paziente; valutare l’impatto e i futuri scenari dell’epidemia da Covid-19 sul sistema socio sanitario; valutare gli effetti indiretti del Covid-19 su altre tipologie di pazienti e sul sistema socio sanitario; sviluppare strumenti innovativi a supporto delle attività di sorveglianza, prevenzione e controllo delle epidemie.

Le prime due ondate tra Bergamo e Brescia

L'analisi si è poi concentrata sull'impatto delle prime due ondate epidemiche, sulla mortalità e sugli accessi al sistema sanitario territoriale di Bergamo e Brescia, due tra le città più colpite. Ciò che emerge è un quadro che - in parte - già si conosceva. Dopo il 15 febbraio 2020 le ospedalizzazioni hanno registrato un decremento del 26,33% e del 24,06%, rispettivamente per Ats Bergamo e Brescia. I ricoveri urgenti hanno subito un impatto meno intenso (Bergamo: -11,46%, Brescia: -9,16%) rispetto a quelli programmati, che sono decrementati del 33,45 e del 32,96%.

Meno accessi al Ps ma aumento i codici rossi

Quest’ultimo decremento è consistente stratificando per sesso ed età in entrambi i territori, ed è particolarmente forte durante la prima ondata. Le analisi stratificate per diagnosi principale hanno evidenziato un incremento significativo delle ospedalizzazioni urgenti solo per cause respiratorie durante la prima ondata. Gli accessi in PS sono decrementati del 37% in entrambi i territori analizzati (Bergamo: -37,64%, Brescia: -36,98%). Stratificando le analisi per codice triage di accesso, si evidenzia un decremento diffuso di tutti i codici, eccezion fatta per quelli rossi, che durante la prima ondata sono aumentati del 23,43% e del 22,37% rispettivamente per Ats Bergamo e Brescia. L’indagine della diagnosi e del problema principale all’accesso evidenziano durante la prima ondata un eccesso di eventi legati alle malattie dell’apparato respiratorio e alla dispnea, solo per Ats Bergamo.

«L’outbreak di Covid-19 è stato seguito da un forte decremento complessivo del numero giornaliero di ospedalizzazioni e di accessi in PS, in linea con le numerose restrizioni delle attività ospedaliere che la pandemia ha comportato -  ha commentato Alberto Zucchi, Direttore del Servizio Epidemiologico Aziendale di Ats Bergamo - I risultati dello studio hanno evidenziato il massiccio impatto indiretto dell’epidemia, specialmente sulle ospedalizzazioni programmate e sul funzionamento del PS, e forniscono evidenza del persistere di una sofferenza del sistema anche successivamente alla prima ondata. Emerge, dunque, la necessità di reagire e riallineare le prestazioni con quelle precedenti alla pandemia, identificando, tramite strumenti di monitoraggio, le aree critiche nelle quali la riduzione delle prestazioni è stata più intensa. Gli interventi con impegno di risorse economiche importanti a sostegno degli istituti clinici da parte di Regione Lombardia stanno già portando ad un recupero rilevante di quanto si era perso in termini di prestazioni cliniche sui pazienti».

Tracciamento dell'outbreak

Dopo la conferma dei primi casi di infezione da SARS-CoV-2 in Italia nel febbraio 2020, diverse sono state le descrizioni di possibili sindromi e sintomi sovrapponibili a quelli correlati a Covid-19, legati a possibili cluster epidemici precoci che non sarebbero stati identificati. Questa parte del progetto si è posta l’obiettivo di valutare la possibilità di tracciare di un outbreak (uno "scoppio") di Covid-19 con anticipo rispetto a quanto accaduto, sulla base dei flussi amministrativo-sanitari delle Ats di Bergamo e Brescia, province duramente colpite durante la prima ondata in Italia.

Quando è scoppiata?

L'analisi dei ricoveri urgenti complessivi non ha mostrato aberrazioni o variazioni strutturali della serie storica precedenti al 21 febbraio 2020. Risultati molto simili si sono osservati anche per ricoveri urgenti con DRG medico (raggruppamenti omogenei di diagnosi). Le serie storiche dei ricoveri urgenti con diagnosi principale appartenente alle patologie respiratorie hanno fornito un segnale di outbreak successivo al 21 febbraio 2020 in tutti gli ambiti considerati, con un primo segnale alla fine di febbraio negli ambiti di Seriate (tra il 29 febbraio ed il 3 marzo), in Val Seriana (tra il 23 ed il 28 febbraio) e nella Bassa Bresciana Occidentale (tra il 25 ed il 29 febbraio). Una simile situazione si osserva per gli accessi in PS: tutte le metodologie utilizzate segnalano l’outbreak durante il mese di marzo. Le conclusioni sono simili anche per gli accessi in PS con diagnosi appartenente alla macrocategoria delle patologie respiratorie.

L'uso di farmaci

L'ultima fase del progetto è, invece, dedicata all'impatto che le prime due ondate di contagi hanno avuto sull'utilizzo dei farmaci nelle due Ats. E' chiaro, infatti, come le misure di contenimento del contagio, sia a livello nazionale, sia a livello regionale, abbiano influenzato l’accesso alle cure da parte della popolazione.

Rispetto al periodo pre-pandemico, nel periodo di osservazione è stata stimata una riduzione del numero di dispensazioni pari al 10,63% per l’area di Bergamo e del 7,92% per quella di Brescia. Tale riduzione è stata osservata in entrambe le ondate analizzate, risultando particolarmente pronunciata per l’Ats di Bergamo. L’analisi degli ATC (Anatomico-Terapeutica-Chimica) di primo livello ha evidenziato un calo d’utilizzo in quasi tutte le classi analizzate: una riduzione oltre il 12% è stata osservata per i farmaci utilizzati per il trattamento di patologie a carico dell’apparato gastrointestinale, genito-urinario, endocrino, del sistema muscolare e scheletrico, e dell’apparato respiratorio. Una riduzione inferire al 10% è stata osservata per i farmaci utilizzati per il trattamento di patologie a carico del sistema cardiocircolatorio e neuronale; al contrario, durante la prima ondata, è stato osservato un aumento del 27% per i farmaci utilizzati come antiparassitari, insetticidi e repellenti.

«L’analisi relativa alle tecniche di tracciamento dell’outbreak non hanno riscontrano variazioni strutturali significative ascrivibili a eventi epidemici precedenti alla prima identificazione ufficiale del virus in Lombardia - ha concluso Mantovani - Ciò implica necessariamente la necessità di un cambio di approccio sull’uso dei flussi sanitari attuali e sulle loro tempistiche. Per quanto concerne l’outbreak pandemico e le prescrizioni farmaceutiche, il nostro studio ha evidenziato una significativa variazione dell’utilizzo dei farmaci nelle due aree analizzate. Tale riduzione è risultata più accentuata nell’Ats di Bergamo, alla quale afferisce uno dei territori più colpiti dalla prima ondata di diffusione del virus. La riduzione dell’utilizzo di alcune classi di farmaci, soprattutto quelli impiegati nelle terapie croniche, potrebbe riflettere un ritardo assistenziale, potenzialmente associato all’insorgenza di eventi avversi a medio-lungo termine. Al contrario, il netto aumento dell’erogazione di farmaci antiparassitari potrebbe riflettere l’uso di clorochina e idrossiclorochina nel corso della prima ondata. Nel complesso, i risultati del presente lavoro sottolineano la necessità di un monitoraggio continuo dell’uso dei farmaci in concomitanza di emergenze sanitarie».

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