Richiamati in patria

Orfani ucraini, mugugni a Rota Imagna: «Non dovevamo lasciarli tornare in Ucraina»

Kiev rimpatria 37 profughi. Il vicesindaco Barbara Bosé: «Hanno 16 e 17 anni, c'è il rischio che finiscano come volontari al fronte»

Orfani ucraini, mugugni a Rota Imagna: «Non dovevamo lasciarli tornare in Ucraina»
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di Paolo Aresi

Barbara Bosè ha gli occhi umidi, sotto il cielo grigio di questo martedì mattina, primo giorno di agosto. Dice: «Non dovevamo lasciarli andare via così, non è giusto». Barbara è la vicesindaco di Rota Imagna, ha seguito i ragazzi molto da vicino in questo anno; i più piccoli la chiamano “mamma”.

Barbara è qui davanti alla colonia di Rota Imagna insieme ai trentasette ragazzi ucraini che vengono rimpatriati; i ragazzi si muovono silenziosi con la loro valigia, hanno gli occhi bassi, qualcuno piange, nessuno protesta. Salgono sulla corriera grigia della Locatelli che li riporterà nel loro paese.

Barbara Bosè scuote la testa, sussurra: «Sono ragazzi di sedici e diciassette anni, c’è il rischio che vadano come volontari al fronte. Non è giusto. Avremmo potuto tenerli per un altro anno, anche se il console generale dell’Ucraina ha chiesto di rimpatriarli, ma potevamo trattenerli. Invece nessuno ha fatto i passi necessari».

«Li abbiamo avuti con noi per sedici mesi - continua - è stata una grande esperienza di umanità. Dovevamo andare avanti. Adesso spero che non portino via anche i più piccoli. Qualcuno ha scritto che i ragazzi erano turbolenti, ma è una falsità. Qualche stupidata l’hanno fatta, certo, hanno rubato magari una birra in un supermercato o delle mele nell’orto di qualcuno. Sono adolescenti, non hanno fatto niente di davvero grave. Credo che tutto sommato, considerando la loro storia, si siano comportati comunque bene. Tutti gli adolescenti, anche i nostri, non sono semplici da trattare, non è questo un buon motivo per spedirli indietro, in un paese in guerra, con il rischio che possano andare al fronte».

Anche il sindaco del paese, Giovanni Locatelli, è qui, al pullman, davanti alla colonia che per un anno è stata la casa dei ragazzi ucraini fuggiti dalla guerra. Ha lo sguardo serio, le braccia conserte. Spiega: «Quello che hanno scritto alcuni giornali, cioè che i ragazzi sono stati mandati via perché erano ingestibili, non è vero, assolutamente (...)

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