Povertà, solitudine e una sanità troppo lontana sono i problemi degli anziani lombardi
Sono i dati di "Più fragili dopo la tempesta? In equilibrio fra desideri, fragilità, aiuti", indagine su più di 1000 anziani lombardi
Reddito mensile troppo basso, autosufficienza non garantita e salute precaria, ma soprattutto tanta solitudine. Sono questi i dati emersi dal secondo rapporto "Più fragili dopo la tempesta? In equilibrio fra desideri, fragilità, aiuti", l'ampia indagine svolta sugli anziani lombardi promossa da Spi Cgil Lombardia, Fnp Cisl Lombardia e Uilp Uil Lombardia che, in collaborazione con Ars – Associazione per la Ricerca Sociale di Milano, sono promotori dell'Osservatorio regionale sulla terza età.
Più di mille cittadini coinvolti
L'indagine ha coinvolto 1.211 cittadini residenti in Lombardia, over 55, che, tra luglio e ottobre 2022, hanno compilato un questionario distribuito dai tre sindacati promotori della ricerca; il campione è ampiamente rappresentativo, stratificato per provincia, dimensione del comune ed età. Nel complesso, a inizio 2022, la Lombardia contava 3.455.759 residenti di età compresa tra i 55 e gli 85 anni, pari al 34,8 per cento della popolazione regionale; i più hanno tra i 55 e i 64 anni, nel complesso il 15 per cento della popolazione regionale.
Problema povertà
Il dato sottolineato dai sindacati è la presenza non marginale di una popolazione povera o relativamente povera, il cui reddito familiare netto non arriva a mille euro al mese. Sottolineano «Parliamo del 13 per cento degli intervistati over 55 (di cui il 7 per cento vive da solo). Proiettati sulla popolazione lombarda, sono 488 mila persone, ma a questa condizione si associa anche un basso accesso ai servizi pubblici».
Allarme solitudine
Ma è la solitudine il dato che i sindacati indicano come il più preoccupante, perché un terzo di loro è solo e, «anche se tre quarti esce di casa tutti i giorni, un alto numero vive in autoreclusione domestica». In particolare, oltre i 75 anni le percentuali di solitudine salgono al 14 per cento, cioè oltre centomila anziani lombardi confinati in casa, con evidenti bisogni di un aiuto continuo nelle funzioni di base della vita quotidiana.
Autosufficienza
Il tema della solitudine si lega strettamente a quello dell'autosufficienza, fondamentale per riuscire a vivere da soli in tranquillità. Ogni dieci intervistati, due hanno dichiarato uno stato di salute problematico o molto problematico. La quota sale mano a mano che aumenta l'età e diminuisce il grado di istruzione. A supporto di questo quadro, il dato dal quale emerge che chi vive senza una rete di supporto ha più facilmente uno stato di salute critico, soprattutto se over 75. Le percentuali parlano del 18 per cento del totale, cioè 160 mila anziani che vivono soli e non possono contare su alcun aiuto in caso di bisogno.
Invecchiamento attivo
Il commento dei sindacati a questi numeri porta il discorso a incardinarsi un tema che sarà sempre più centrale nei prossimi anni: invecchiare attivamente. Scrivono: «L’invecchiamento nel nostro Paese sta cambiando faccia: si vive più a lungo, con una crescita della popolazione anziana inversamente proporzionale a quella giovane. Ma non tutte le persone invecchiano allo stesso modo. Da qui nasce la necessità di parlare di invecchiamento attivo, un tema cruciale per il futuro in quanto rappresenta uno strumento cardine per rispondere alle sfide poste oggi dall’ineludibile invecchiamento della popolazione».
I dati: anziani lombardi più autosufficienti della media
In Lombardia, su una scala da 1 a 100, l’indice generale di invecchiamento attivo – basato sulle dimensioni di "Partecipazione e cura", "Vita autonoma" e "Capacità e fattori abilitanti" – parla di una prospettiva in miglioramento, dato che sono il 46 per cento a invecchiare attivamente, contro una media nazionale Istat di 34 nel 2018. In particolare, gli anziani lombardi risultato piuttosto autonomi e generalmente in buona salute. Dopo il dato positivo, quello negativo, perché basso è invece l'indice di coinvolgimento nella comunità locale. Solo il 72 per cento esce di casa tutti i giorni ma, togliendo la necessità di andare a fare la spesa, solo una parte degli anziani è coinvolta in modo regolare in altre occasioni ludiche come volontariato, hobby, sport.
Più alto il livello di studi, più viaggi
La metà degli anziani intervistati frequenta un amico almeno una volta alla settimana, uno su cinque tutti i giorni ed è proprio la rete amicale a dimostrarsi una risorsa sempre più cruciale. Dall’analisi, è evidente che gli anziani che vivono con i familiari sono più attivi rispetto a chi vive solo: chi vive da solo, infatti, ha meno stimoli ad invecchiare attivamente, perché sconnesso da relazioni e opportunità. È, inoltre, più attivo chi ha un titolo di studio maggiore: ad esempio, al crescere del titolo di studio e dello status cresce anche la frequenza con cui gli anziani vanno in vacanza o passano weekend fuori casa (il 75 per cento dei laureati viaggia ogni anno, contro il 19 per cento di chi possiede il titolo elementare).
Sanità e prossimità: cartellino rosso
E se la sanità è la principale preoccupazione per i lombardi, che la mettono al primo posto tra le priorità per la Regione, per gli anziani è altrettanto, forse ancora di più, ma i sindacati commentano: «La sanità di prossimità è ancora molto lontana dal diventare una realtà concreta e funzionante. Sei su dieci non hanno mai utilizzato servizi pubblici di diversa natura, dall’assistenza sociale ai centri diurni. A parte le attività riabilitative sociosanitarie tutti gli altri servizi proposti registrano tassi d’uso tra l’1 e il 5 per cento. Ci sono ancora tantissimi servizi poco utilizzati ma che riscuotono alti livelli di interesse, come i servizi di teleassistenza, telesoccorso e di trasporto e accompagnamento fuori casa».
Ente pubblico: un punto di riferimento
Gli anziani, infine, sentono forte il desiderio di essere tutelati e protetti dall’ente pubblico. Per quasi un quarto degli intervistati, l’ente pubblico figura al primo posto come soggetto da cui gli anziani desiderano ricevere più aiuti: se sette anni fa metà degli anziani lombardi sosteneva che le attività di cura dovevano rimanere in capo alla famiglia, oggi tale quota si è ridotta drasticamente a 2 casi su 10, a favore del ruolo dello Stato, che sale dal 3 al 27 per cento.