Presidio contro la violenza di genere a Bergamo: a luglio altre 99 richieste d'aiuto
La Rete a tutela delle donne invita cittadini e istituzioni a scendere in piazza. E dà i numeri del fenomeno in provincia

Novantanove nuove richieste d’aiuto in un solo mese. È il drammatico bilancio di luglio per i centri antiviolenza di Bergamo e provincia, che testimonia l’urgenza di un fenomeno che non conosce tregua nemmeno d’estate. La Rete Bergamasca contro la violenza di genere risponde - così come ogni mese da diverso tempo a questa parte - con un presidio pubblico in programma venerdì 8 agosto alle 18.30 in Largo Rezzara. Obiettivo: tenere alta l’attenzione su una piaga sociale che ha colpito duramente anche il nostro territorio.
I casi in Bergamasca
Il fenomeno è diffuso e ha toccato le nostre comunità dolorosamente. Alcuni nomi restano impressi nella memoria, come quelli di Elena Belloli, 52 enne di Cene in Valle Seriana, uccisa dal marito il 5 giugno; Sharon Verzeni, 33 enne accoltellata nella notte tra il 29 e il 30 luglio 2024 a Terno d’Isola e deceduta poco dopo per le gravi ferite riportate; e ancora Joy Omoragbon, accoltellata e uccisa dal marito nella loro abitazione di Cologno al Serio.
Si aggiungono a loro le voci delle sopravvissute, come Daniela Manda, accoltellata a inizio anno dal marito all'esterno di un supermercato di Seriate e che «ha bisogno di tutto il sostegno possibile», come sottolinea la Rete nel comunicato diffuso oggi (6 agosto). I numeri del mese di luglio confermano una realtà allarmante, con cinque femminicidi registrati in Italia.
«Nella città che si svuota, la Rete contro la violenza di genere c’è - affermano gli organizzatori chiamando all'appello cittadini e istituzioni -. Dimostriamo alle persone vittime di violenza di genere e discriminazioni che siamo sempre qui, al loro fianco, e continuiamo a tenere alta l’attenzione e a chiedere che venga fatto di più, e meglio, per una società libera dal patriarcato e dall’oppressione».
L’appello
La proposta della Rete va oltre l’aspetto penale. «Non basta istituire il femminicidio come reato a sé, con le relative punizioni, introducendo l’articolo 577-bis nel Codice penale - spiegano le attiviste -. Perché le cose cambino bisogna che le nostre comunità si mobilitino, che le istituzioni locali ascoltino e agiscano e che ci si impegni al più presto per portare l’educazione affettiva e sessuale, la lotta agli stereotipi di genere e alle discriminazioni nei confronti delle persone LGBTQI+ nelle scuole, nei luoghi di lavoro e di vita». La vera strada per un cambiamento duraturo passa attraverso l'educazione.
La Rete ricorda l'incontro del 16 giugno scorso con il Comune di Bergamo, che sta considerando le proposte presentate, e si dichiara sempre pronta «per un confronto su idee e iniziative di valore». Il presidio di venerdì sera prevede, come di consueto, un momento di microfono aperto per chiunque desideri intervenire, un’occasione per la cittadinanza di unirsi a una battaglia che, di fronte ai numeri di luglio, appare più necessaria che mai.