Le 7 della sera a Bergamo. Mentre cala il buio, in via Paglia bassa cominciano a comparire ragazzotti di colore col cappuccio alzato. Si fermano all’angolo di via Novelli. Parlottano in capannello.
Uno di loro è palesemente ubriaco. Dà in escandescenze. Ne affronta un altro a muso duro. Il giovane titolare di un market indiano esce per cercare di dividerli. La tensione sale. Strattoni. L’inizio di una zuffa.
Poi in pochi minuti arrivano un’auto dell’esercito e due volanti della Polizia. Torna la calma, ma nel frattempo la metà dei ragazzotti si è già dileguata.
«È così tutte le sere» dicono i residenti. «Litigano spesso per motivi di spaccio». Quell’angolo non sembra più Bergamo, ma una terra di nessuno di altre latitudini. E dire che siamo a duecento metri dal centro. Poca gente in giro se non gruppi di africani, piuttosto aggressivi, specie se li guardi.
Vestono con giubbotti sgualciti. Pantaloni della mimetica. Cappellini abbassati sul volto. Attendono sull’angolo, air pods nelle orecchie, l’arrivo dei clienti. Oppure comunicano in una lingua incomprensibile con quelli che bighellonano intorno, marcando il territorio, quasi fossero vedette di una gang organizzata.
A un residente, racconta chi abita in zona, hanno chiesto se volesse cocaina, bussando al finestrino dell’auto. Se non ti hanno mai visto da queste parti, ti squadrano da capo a piedi. Se gli passi vicino ti apostrofano in malo modo. Gesticolano, si agitano, alzano la voce. «A un altro residente hanno intimato: via da qui, questo è territorio nostro». A un altro ancora, fatto gesti da tagliagole. A un bambino quello della pistola. Da ignorare in altri luoghi. Qui invece assumono connotati inquietanti. Alcuni abitanti hanno “osato” affacciarsi al balcone, a bagnare i fiori, o a guardare dalle finestre. Sono stati presi a insulti e minacce da taluni energumeni.
Uno dei più facinorosi, raccontano qui, era stato allontanato e mandato al Cpr (il centro di permanenza per i rimpatri): è tornato e ricomparso dal bagagliaio di un’auto. Una notte un africano, sotto l’effetto dell’alcol, ha aggredito gli altri con una spranga di due metri. L’hanno spinto via e lui ha distrutto a bastonate una Mini parcheggiata nella via. Un altro ha scatenato una rissa, poi non contento, scagliato un monopattino in strada. Un altro ancora si è seduto con una bottiglia di superalcolici in mezzo a via Paglia, bloccando il traffico. Voleva pasteggiare lì: come dire, facciamo quel che ci pare.
La telecamera della polizia locale è proprio all’angolo. La caserma dei carabinieri poco distante, lungo via Novelli. Raccoglie denunce e segnalazioni. Ma, di fatto, non è operativa. Salendo verso viale Papa Giovanni, sulla destra c’è il luogo in cui, una domenica d’estate di qualche anno fa, è stato ucciso Marwen, padre di famiglia tunisino, colpito a morte durante una rissa da un ragazzo italiano esasperato. Sulla sinistra, piazzetta Spada. Ci stazionano decine di africani. Ti squadrano con sguardo interrogativo, quasi fossi un intruso nella tua città. Qualcuno barcolla, sotto l’effetto del crack. Nell’aria, l’odore di fumo è inequivocabile. «Nei fine settimana, poi, fanno la spola con i market vicini, strafogandosi di alcolici, con conseguenze immaginabili» (…)