In resina

Quei due “bambini” di Mozzo che ci ricordano di rallentare mentre accompagnano gli alunni

Si chiamano Arthur e Zoè e da qualche giorno affiancano l’attraversamento pedonale di via Piatti, vicino alle scuole. Sugli zaini la scritta «Grazie»

Quei due “bambini” di Mozzo che ci ricordano di rallentare mentre accompagnano gli alunni

Da qualche giorno, chi percorre via Piatti a Mozzo potrebbe avere l’impressione di essere accolto da due nuovi arrivati. Non parlano, non si muovono, eppure sembrano vivi. Sono Arthur e Zoè, due bambini di fibra di vetro e resina poliestere, vestiti di colori accesi e con un “grazie” dipinto sullo zaino.

Un grazie che sembra rivolto a chi rallenta, a chi alza lo sguardo, a chi sceglie di essere attento. Stanno lì, immobili, ai lati del passaggio pedonale che ogni giorno vede passare centinaia di scolari delle scuole medie e elementari. E, a modo loro, fanno esattamente ciò per cui sono stati creati: parlano agli adulti ricordando che lì, dietro ogni passo, c’è un bambino che si affida alla prudenza di chi guida.

Arthur e Zoè arrivano dalle montagne della Savoia, dove un inventore, un uomo che nella vita ha costruito barche, moto da rally e materiali compositi, ha avuto una semplice intuizione mentre accompagnava i suoi figli a scuola: usare due figure di bambini per rendere più umani i segnali stradali. E il Comune di Mozzo ha colto l’idea.

Non cartelli, non lampeggianti, ma sagome che ricordano l’esistenza concreta di chi attraversa la strada ogni mattina con lo zaino sulle spalle e il fiato corto perché è già un po’ in ritardo. Da quell’intuizione, sono nati Arthur e Zoè. E da lì hanno cominciato a viaggiare, prima tra i piccoli Comuni francesi, poi nelle grandi città, fino a raggiungere la Mozzo.

La scena più bella, nei primi giorni, è arrivata una mattina presto. Una bambina di terza, cappello di lana e guance rosse dal freddo, si è fermata davanti a Zoè, l’ha guardata per un attimo e le ha detto: «Ciao, oggi ci rivediamo!»

Poi ha attraversato, tenendo stretta la mano della mamma, che ha sorriso (…)

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