Sondaggio tra i ragazzi

Scusate, ma a noi questo Natale non dice niente. Parola di giovani (bergamaschi)

Sono quasi tutti concordi nella estraneità al messaggio religioso e in una sorta di abulia verso le rimpatriate coi parenti

Scusate, ma a noi questo Natale non dice niente. Parola di giovani (bergamaschi)
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di Matteo Rizzi (foto di Mario Rota)

«Mi è sempre sembrata ridicola l’usanza di mettere il bambino nella culla del presepe la notte del 25»: è solo un piccolo frammento della testimonianza di Andrea, un ragazzo di 19 anni al primo anno di Scienze della Comunicazione all’Università di Bergamo. Andrea ci dirà poi che il periodo natalizio lo lascia sostanzialmente indifferente e che non ne pensa nulla di particolare. Specifica che: «Si sa che in quei giorni si è impegnati in cose poco entusiasmanti» come il pranzo con parenti «che quasi non conosco nemmeno».

Mettere il bambino nella culla nella notte di Natale è invece un’usanza perfettamente chiara tra gli adulti, ed è forse quella che più di tutte rappresenta il senso (religioso) del Natale. Il Natale come rinnovo del mistero della nascita di Gesù, e in generale come simbolo di rinascita. Prima del cristianesimo, in vari culti pagani, l’occasione celebrata era il solstizio di Inverno, il momento in cui il sole raggiunge il punto più basso sull’orizzonte (nel nostro emisfero). Da lì in poi, il “ciclo” ricomincia, e i giorni si fanno più caldi e luminosi. Insomma, la rinascita, concetto che nel cristianesimo ha a che fare con la salvezza rappresentata da Gesù Cristo e tante altre lezioni di catechismo che in ogni caso non fanno parte dei pensieri natalizi dei giovani.

Famiglia, vacanze e in alcuni casi seccature: parlando con i ragazzi emerge che il senso del Natale, se ne esiste uno, riguarda questi aspetti. «Per me il Natale è un pretesto per rientrare a casa e stare un po’ con la mia famiglia - dice Anna, studentessa di musica a Londra -. Quest’anno è la prima volta che torno a casa, dopo molto tempo lontano dalla mia famiglia, ed è anche la prima volta che faccio caso a quanto il Natale sia in qualche modo pensato per stare insieme: è come se ci si mettesse tutti d’accordo per creare questa atmosfera. Non ho mai riflettuto sul suo senso religioso o originario, anche perché non sono credente».

Natale in famiglia che in molte occasioni può anche essere un problema non da poco: «I miei sono separati - racconta Michela, 17 anni, studentessa di liceo linguistico - e ogni anno devo decidere con chi passare il Natale. Per loro sembra quasi che sia come scegliere chi è il migliore. Cominciano un mese prima a chiedermi con chi starò dei due. Poi è un periodo noioso, tutto chiuso, fa freddo, è anche abbastanza fastidioso in generale perché l’atmosfera natalizia mi nausea abbastanza». (...)

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