Emergenza

Sempre più persone in coda alla mensa dei poveri di Bergamo, anche i frati cappuccini sono allo stremo

In duecento in fila ogni mezzogiorno per chiedere cibo, molti più delle capacità effettive. E la sera ogni portico diventa un tetto. Residenti esasperati

Sempre più persone in coda alla mensa dei poveri di Bergamo, anche i frati cappuccini sono allo stremo

Arrivano alla spicciolata. A volte da soli. A volte in coppia o, specie i giovani, a gruppetti. Qualcuno in macchina. La maggior parte a piedi. Lungo i marciapiedi di via Tridentina è un via vai continuo di persone di etnie diverse. La maggior parte senzatetto. Vengono dal dormitorio del Galgario, dalla stazione, dai quartieri intorno, seguendo un tam tam che si chiama fame. Vanno tutti alla mensa dei frati cappuccini, l’unica liberamente aperta a mezzogiorno in città.

Fra di loro ne scorgo alcuni già visti. Li ho conosciuti nei giorni scorsi, quando il vescovo di Bergamo, Francesco Beschi, ne ha invitati una quarantina in Città Alta per mostrar loro il museo Bernareggi, offrendogli qualcosa da mangiare, in un pranzo collettivo nella Giornata mondiale dei poveri.

Matteo, nome di fantasia, ha i capelli lunghi e gli abiti sgualciti, ma la gentilezza e lo sguardo di una persona buona. È bergamasco, originario di Redona. La vita l’ha provato, ma non si risparmia mai un sorriso. «Tutto bene dai, finché c’è un pasto caldo e qualcosa da mangiare», mi dice.

In fila ne scorgo un altro. Mi aveva colpito perché non sembrava il classico clochard. Vestiva coordinato. Il gel nei capelli, le Diadora con la striscia dello stesso colore del giubbetto. Poi ho scoperto che quelle scarpe erano bucate. Viene da Monza. Si era ripromesso di rimanere qualche giorno. Ma dai frati e con l’assistenza della Caritas si trova bene. Certo meglio che altrove. In coda ci sono anche tanti ragazzi di colore, persone di età avanzata, italiani, alcuni claudicanti, in stampelle, sulla sedia a rotelle. E altri con le storie che gli si leggono sul volto.

«Ne abbiamo qui oltre duecento – mi dice Frate Andrea, il responsabile della struttura dei Cappuccini -. Molti di più di quanti ne possiamo accogliere». Nei giorni scorsi è arrivato a distribuire 230 pasti, tre volte il normale. Segno che le cose stanno peggiorando, che i numeri sono fuori controllo rispetto alle possibilità.

La stessa denuncia era arrivata qualche settimana prima dal direttore della Caritas, don Roberto Trussardi: «Sono troppi e il dormitorio esplode. Servono nuove strutture e più risorse». Non ci sono posti letto a sufficienza e in molti sono costretti a dormire fuori. L’estate scorsa, in due mesi ne sono morti sette. E ora il freddo comincia a pungere.

La tendopoli sotto i portici della chiesa dei Cappuccini

Sotto i portici della chiesa dei cappuccini passano la notte all’addiaccio, in sacchi a pelo e coperte depositate nelle aiuole, una decina di persone. Gli altri si arrabattano come possono. Ovunque ci sia un antro, un colonnato, lungo via Madonna della Neve o lì intorno.

Se qualcuno non l’avesse capito, questo è il problema dei problemi, per la città di Bergamo. Non Catellan, Juric o Raffa in the sky. Bensì la condizione di estrema povertà in cui versano centinaia di persone. E le inevitabili conseguenze che finiscono per scaricarsi su residenti e non solo. Il Comitato “Noi Bergamo Insieme” (…)

Continua a leggere sul PrimaBergamo in edicola fino a giovedì 27 novembre, o in edizione digitale QUI