Treviglio, la proposta: intitolare una piazza a Silvia Betti, uccisa dal marito nel 2010
Ad avanzare l'idea al sindaco Imeri è l'associazione La Casa delle Donne. L'assassino, oggi, è già fuori dal carcere
Proprio nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, a Treviglio l'associazione La Casa delle Donne ha lanciato una proposta al Comune: intitolare una piazza a Silvia Betti. A rivelarlo sono stati i colleghi di PrimaTreviglio.
Silvia Betti venne uccisa a coltellate dal marito Luigi Marenzi (che è già uscito dal carcere) la mattina del 23 ottobre 2010 nel loro appartamento di piazza della Repubblica, al culmine dell’ennesima lite. Una tragedia che l’associazione trevigliese vuole tramandare a imperitura memoria, dedicando un luogo alla vittima di uno dei tanti casi di femminicidio che avviene ogni giorno in Italia.
Una proposta che fa parte di un documento in cinque punti che La Casa delle Donne ha presentato la scorsa settimana al sindaco di Treviglio, Juri Imeri, con l’intenzione poi di coinvolgere tutti i Comuni del territorio.
«Sono azioni concrete e obiettivi realizzabili - ha sottolineato la presidente Milva Facchetti -. Il sindaco, durante l’incontro, ha letto e commentato il documento punto per punto dandoci ragione del fatto che la Convenzione di Istanbul (il trattato internazionale contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa nel 2011, ndr) deve essere meglio compresa, conosciuta e fatta applicare. Siamo soddisfatte dell’incontro e riteniamo di dover attivarci anche nei conforti delle altre Amministrazioni. A tal proposito, Fabio Ferla, presidente dell’Assemblea dei Sindaci del territorio, si è già reso disponibile».
Gli altri punti del documento chiedono al primo cittadino la promozione dell’utilizzo di un linguaggio attento alle differenze di genere, incentivando in tal senso assessori, consiglieri e dipendenti comunali; la diffusione e l’applicazione della Convenzione di Istanbul; contribuire all’elaborazione di un piano per l’offerta lavorativa in accordo con le aziende cittadine e di un piano di politiche abitative che tengano in considerazione le esigenze delle vittime di violenza; infine, difendere i minori che vivono in contesti famigliari violenti.