La lettera

«Un'inutile e interminabile attesa»: la disavventura alle Poste di Bergamo dell'assessore di Castelli Calepio

Elena Pagani si è recata con il figlio alla sede centrale di via Locatelli: «Ero certa che in città l’organizzazione fosse completamente diversa. Invece...»

«Un'inutile e interminabile attesa»: la disavventura alle Poste di Bergamo dell'assessore di Castelli Calepio
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Un’inutile e interminabile attesa per ritirare una raccomandata che, alla fine, non era neanche indirizzata a lei, bensì a qualcuno con il suo stesso cognome, stesso indirizzo e un nome però maschile.

È la disavventura capitata questa mattina, giovedì 4 agosto, a Elena Pagani, assessore alle Politiche sociali, al personale e alla comunicazione di Castelli di Caleppio, e a suo figlio di 5 anni presso le Poste centrali di Bergamo, in via Locatelli.

L'assessore alle Politiche sociali di Castelli Calepio, Elena Pagani

L’amministratrice locale, pur avendo notato le discrepanze sul nome, ha deciso di recarsi comunque alla sede postale. Una scelta infausta, dato quello che le è poi capitato di lì a poco e che ha raccontato alla nostra Redazione attraverso una lettera. All’ingresso, una lunga coda, immagine tradizionale delle Poste Italiane, di persone in attesa di essere chiamate per poter accedere al "vero ingesso" e ritirare il biglietto per lo sportello.

L’inizio è sembrato promettente per Elena Pagani, che ha dovuto attendere solo pochi minuti prima di ottenere il biglietto con priorità A019 grazie alla presenza del bambino (la stessa corsia di disabili, donne in dolce attesa e persone fragili). Il monitor segnava A014, non tanti numeri, ma Elena Pagani sottolinea: «Peccato che poi siano andati avanti i P, gli U, gli MN e via dicendo. E noi povere A abbandonate a un triste destino in attesa di ritirare le proprie raccomandate non recapitate. Tempo del servizio: un minuto al massimo. Tempo di attesa circa un’ora».

Nel mentre, il caldo ha iniziato ad accendere ancor di più la situazione e il nervosismo era palpabile. Pagani scrive: «Quando aspetti tanto, diventi particolarmente suscettibile e attento ai particolari ed ecco che una signora in abito rosso e capelli raccolti entra saltando la prima fila. Ci guardiamo, per poi notare che si siede a uno sportello esterno, si tratta quindi di un membro dello staff. Finché non ci rendiamo conto che il membro dello staff è anche A015 che monopolizza, in barba a tutti noi, lo sportello, dopo averci superati con tanta strafottenza».

«Morale della favola - conclude Pagani -? La raccomandata non l’ho nemmeno ritirata e rimane un mistero del perché si trovasse nella mia cassetta postale. Chi sia il signore con il mio stesso cognome e il mio stesso indirizzo non lo saprò probabilmente mai. Ma la speranza di non dovermi più recare alle poste di Bergamo la porto con me, io abituata a quelle del mio paese di provincia, dove le file sono al massimo di 2/3 persone. Ero certa che in città l’organizzazione fosse completamente diversa. Ero certa che il tempo delle persone venisse preso in considerazione. E invece no. Alle poste il tempo si dilata, assume forme differenti, si carica di senso: quello dell’inutile e interminabile attesa».

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