Invitato dai Repubblicani

Il discorso atteso e controverso di Netanyahu al Congresso Usa

Il discorso atteso e controverso di Netanyahu al Congresso Usa
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Il 3 marzo 2015 è stato il giorno di Netanyahu al Congresso americano, composto dai membri di Camera e Senato riuniti in seduta comune. Il Congresso è controllato dai Repubblicani, che sono all’opposizione del presidente Barack Obama. Una partecipazione, quella del premier israeliano che sta per concludere la sua campagna elettorale in vista delle elezioni del 17 marzo prossimo, che ha suscitato un’infinità di polemiche sia in Israele che negli Usa. La Casa Bianca, infatti, non ha gradito la decisione del Congresso di invitare Netanyahu a parlare senza esserne prima informata, e a Gerusalemme e dintorni sono stati in molti a vedere nel gesto del premier un eccesso di presenzialismo volto esclusivamente al suo tornaconto elettorale. Per dare tempo al garante del voto di verificare eventuali elementi di propaganda, in Israele il discorso è andato in onda in differita di 5 minuti. L’invito a Netanyahu era arrivato dai repubblicani di John Boehner, portavoce della Camera, che ha regalato al premier dello stato ebraico un busto di Winston Churchill. Un regalo simbolico, dato che Netanyahu è il primo leader straniero dai tempi di Churchill a parlare per la terza volta in Campidoglio.

Il discorso. Abito grigio scuro, camicia bianca e immancabile cravatta azzurra, per richiamare i colori della bandiera israeliana, braccio destro teso per salutare i deputati riuniti che lo hanno accolto con applausi e ovazioni da stadio, poco dopo le 17, ora italiana, Netanyahu si è presentato davanti al Congresso e ha iniziato il suo tanto atteso discorso. In tutto oltre 40 minuti contro l’islam combattente e l’Iran dotato di nucleare. Nessun accenno al negoziato con i palestinesi. È stato interrotto oltre 40 volte dagli applausi. Contrariamente a quanto ci si aspettava, non è mai stata citata direttamente alcuna critica all’amministrazione Obama, ma le sue ammonizioni in tema di nucleare sono valse più di mille parole. Per lui meglio non stipulare accordi piuttosto che stipularne di cattivi.

Netanyahu ha esordito ringraziando il suo più grande amico al mondo, con il quale Israele condivide il destino di essere terra promessa: “Grazie America. Grazie per tutto quello che hai fatto per Israele”. Poi è entrato subito nel vivo della questione iraniana, paragonando la situazione di oggi a quella narrata nella Bibbia nel libro di Ester (sfruttando ad arte la coincidenza con la festività ebraica di Purim). Il premier israeliano ha sostenuto che, allora come oggi, la potenza persiana minaccia il popolo ebraico. E se 2500 anni fa Ester denunciò le trame di re Hanan, oggi spetta a lui svelare al mondo le terribili mire dell’ayatollah Khameney, che via twitter e in lingua inglese, minaccia Israele di distruzione. Il regime iraniano, dice Netanyahu, controlla ben 4 capitali del mondo arabo: Baghdad, Beirut Damasco e Sana’a. L’America non deve farsi ingannare, perché “la lotta tra Iran e Isis non deve trasformare l’Iran in un amico dell’America”. L’Iran sta combattendo con l’Isis per attribuirsi la corona di islam militante e “quando si tratta di Isis e Iran, il nemico del tuo nemico è il tuo nemico”.

Riguardo a un possibile accordo sul nucleare iraniano Netanyahu ha avvertito che l’Iran potrebbe nascondere agli ispettori Aiea degli impianti nucleari sconosciuti, perché dell’Iran non ci si può fidare. Sono questi i motivi per cui Israele si oppone all’accordo tra l’America e l’Iran sullo sviluppo del nucleare, perché sebbene all’Iran non possa per dieci anni arricchire l’uranio, ciò non blocca la possibilità che in futuro possa dotarsi di una bomba atomica. Netanyahu ha ribadito con forza che l’Iran è il principale sponsor del terrorismo e per questo va fermato, prima che sia troppo tardi. In conclusione ha lanciato un monito: “Se Israele dovrà stare in piedi da solo, starà in piedi da solo. Ma so che Israele non starà in piedi da solo. So che l’America sta con Israele”.

 

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Le polemiche precedenti al discorso e la risposta (piccata) della Casa Bianca. Alla vigilia del discorso al Congresso, la scia di polemiche suscitate da quello che è suonato come uno strappo al protocollo, sembrava essersi placata. Il premier dello Stato ebraico, infatti, aveva usato parole di elogio per il presidente Obama, dopo mesi in cui non gli ha risparmiato critiche: rivolgendosi all’Aipac, il comitato per gli affari pubblici israelo-americani, che è la più potente lobby filoisraeliana degli Stati Uniti, Netanyahu aveva lodato il capo della Casa Bianca e l’amicizia da lui dimostrata a Israele in tutti gli anni del suo mandato. Di fatto, però, anche qui il discorso è suonato come una critica nei confronti delle scelte di politica estera dell’amministrazione Obama. Con il suo elogio diplomatico all’Aipac, Netanyahu ha rassicurato sulla tenuta dell’alleanza tra Israele e Stati Uniti, sottolineando però che l’Iran è la principale minaccia per la sopravvivenza di Israele: “L'Iran è il principale sponsor del terrorismo internazionale” ha detto tra lo scrosciare degli applausi dei sedicimila invitati. “Israele e gli Stati Uniti sono d'accordo nel ritenere che l'Iran non debba dotarsi di armi nucleari. Non siamo d'accordo solo sulle modalità più efficaci per evitare che sviluppino quelle armi. Di tanto in tanto, disaccordi tra alleati sono naturali e questo vale anche tra gli alleati più stretti”. Un concetto ribadito in altre parole anche al Congresso. Dal canto suo, la Casa Bianca ha reagito in maniera irritata alle parole pronunciate da Netanyahu al Congresso, bollandole come retorica: “Nessuna idea nuova, nessuna alternativa”.

La questione del nucleare iraniano. Quella del nucleare iraniano è una storia che vede le sue origini a metà degli anni ’70, quando l’allora segretario di Stato Usa Kissinger sostenne il rafforzamento della Persia dello scià Reza Palhavi in chiave antisovietica e propose l’acquisto di 23 nuovi reattori. Poco prima della rivoluzione islamica del 1979, che portò al potere l’Ayatollah Khomeyni, Usa e Iran strinsero il primo accordo sul nucleare. Poi ci furono gli anni delle guerre Iran-Iraq con il danneggiamento di molti impianti, la morte di Khomeyni e la prima guerra del Golfo. In quegli anni, l’Iran trovò nella Russia una sponda amica anche a causa del rifiuto occidentale di costruire nuovi reattori per paura del khomeinismo. Risalgono a quel periodo, a metà degli anni ’90, l’ostilità americana nei confronti dell’ex Persia, il completamento per mano russa della centrale di Bushehr e la costruzione di altri tre siti per ridurre il consumo interno di gas e petrolio. Con il nuovo millennio i rapporti tra Iran e Occidente, sia con gli Stati Uniti sia con l’Europa, si sono inaspriti. E l’elezione del controverso presidente Ahmadinejad ha minato i già fragili equilibri, incrinati dalla scoperta dell’esistenza di due impianti per l’arricchimento dell’uranio fino ad allora sconosciuti: Arak e Natanz.

In seguito a ciò, si comincia a parlare di un intervento – anche con la forza – per fermare il programma nucleare iraniano. Seguono una serie di tentativi di accordo con l’Europa, a cui Washington si è sempre opposta perché non includevano la totale sospensione del programma di arricchimento dell’uranio. Dal 2006 si affaccia sulla scena anche Israele, che minaccia di bombardare gli impianti e critica ogni apertura e ogni accordo che viene raggiunto tra l’Onu e l’Iran in merito al programma nucleare. Nel 2012, proprio mentre Netanyahu parlava all’Onu mostrando il celebre disegno con una bomba in stile cartone animato e il livello di arricchimento dell’uranio, un cable del Mossad afferma che l’Iran, a quell’epoca, non stava svolgendo le attività necessarie allo sviluppo di armi atomiche e non era pronto per arricchire ulteriormente l’uranio. L’esatto contrario di quanto affermato da Netanyahu. Del resto anche Teheran ha sempre negato l’ipotesi di lavorare a scopi bellici, ma la sua Guida Suprema, l’ayatollah Alì Khamenei sostiene con forza il diritto a proseguire il suo programma nucleare per scopi civili.

L’Iran è il centro del complesso mosaico mediorientale, nonché da sempre punto strategico per l’incontro delle civiltà e delle potenze. Nella sua area geografica si concentrano le maggiori risorse mondiali di petrolio e gas naturale: è il secondo Paese per risorse di uranio e plutonio, il terzo esportatore di petrolio e viene subito dopo la Russia per le riserve di gas naturale.

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