God Save the Queen, addio Il nuovo inno inglese sarà…
Presto l’Inghilterra potrebbe avere un proprio inno nazionale. Sì, perché quello usato attualmente, ovvero God Save the Queen, in realtà non è l’inno della nazione britannica, bensì quello del Regno Unito, usato anche dall’Irlanda del Nord. Galles e Scozia, invece, hanno inni tutti loro (rispettivamente Land of My Fathers e Flower of Scotland). Se ne discuterà a marzo a Westminster dopo che la Camera dei Comuni, nei giorni scorsi, ha approvato l’introduzione della proposta di legge del deputato laburista Toby Perkins. La proposta, com’era prevedibile, ha diviso il popolo inglese, con i monarchici da una parte e i repubblicani dall’altra. Perkins ha però affermato che la sua proposta è mossa da un sincero spirito nazionalista inglese. Non proprio d’accordo con lui è Margaret Rhodes, cugina della regina Elisabetta, che intervistata dal Sunday Express ha definito l’idea, senza mezzi termini, «stupida e poco rispettosa della sovrana».
Un inno moderno e ispirato. Di certo la discussione attorno a God Save the Queen non è cosa nuova in Inghilterra. Soltanto qualche mese fa Alex Marshall, autore del libro Republic or Death! Travels in Search of National Anthems, una sorta di giro del mondo attraverso gli inni nazionali, intervistato da The Atlantic affermava: «Ci sono diverse ragioni per cui God Save the Queen non piace. Quando lo si ascolta, non ci si entusiasma. E poi ha un altro grande problema: non racconta assolutamente nulla del Regno Unito odierno. Tutto quello che dice è: “Abbiamo una regina e ci piacerebbe che lei regnasse a lungo”. La gente è molto più trasportata da altre canzoni, come Land of Hope and Glory. Oppure Jerusalem, che parla di “terre verdi e belle d’Inghilterra”. Queste canzoni parlano al Paese e al senso di speranza della gente. Significa molto. Se l’Inghilterra avesse un inno diverso, ne sarei contento».
Naturalmente queste parole hanno creato molte discussioni nel mondo pubblico inglese, con diversi esponenti politici, o anche solo dello spettacolo, che hanno preso posizione a favore o contro God Save the Queen. Nulla di nuovo, visto che il tema torna a galla ciclicamente, in particolare prima di grandi eventi sportivi della nazionale, quando l’inno è una parte fondamentale dello spettacolo offerto al pubblico. Lo stesso Marshall, ricontattato da The Atlantic in seguito alla presentazione della proposta di legge di Perkins, ammette che il tema non è nuovo: «Di solito se ne parla un po’, ognuno dice la sua, poi la questione viene presto chiusa. Questa volta invece è diverso. Forse a causa del referendum sull’indipendenza scozzese, forse per il dibattito sulla possibile uscita del Regno Unito dalla UE, o forse ancora a causa della recente crisi migratoria, la gente dà molto più peso a questioni di identità nazionale. Inoltre c’è anche un fattore politico: i laburisti credo vogliano offrire alla nazione un’immagine più patriottica, visto che il loro leader, Jeremy Corbin, non lo è affatto». Corbyn, infatti, poco tempo fa, durante un incontro ufficiale con la regina, si era rifiutato di inchinarsi a lei, rimarcando una volta di più la propria posizione anti monarchica. Un fatto che fece molto discutere, a maggior ragione visto che Corbyn si è sempre dichiarato apertamente «socialista», tanto da arrivare ad affermare, durante un talk show della BBC, che «i britannici possono imparare da Karl Marx». Secondo Marshall, dunque, tutto questo rende la proposta di legge presentata dai laburisti molto più concreta di quelle fatte in passato, anche se lo scrittore poi afferma che «il rischio è che tutto si blocchi, quando qualcuno inizierà a dire che ci sono cose più importanti di cui discutere, tipo l’economia, la sicurezza o la sanità».
L'inno giusto? Jerusalem. Ma supponendo che l’Inghilterra decidesse veramente di fregiarsi di un inno tutto suo, quale sarebbe la canzone prescelta? Perkins ha dichiarato che sarebbe il popolo a scegliere attraverso un referendum. Sempre secondo Marshall, invece, «Jerusalem è l’unica opzione. Non solo perché ha una melodia fantastica, ma anche perché il suo messaggio, ovvero quello di voler costruire un paradiso, una Gerusalemme appunto, è un messaggio che può ispirare la gente. Per questo è una canzone amata e cantata da tutti». La storia di questa canzone, firmata da Bruce Dickinson, è molto interessante. Estratta dall’album Chemical Wedding, come l’intero cd, anche Jerusalem è ispirata ai versi del grande poeta inglese William Blake. Anzi, Jerusalem è, per tre quarti, una poesia di Blake messa in note, con piccole modifiche al testo attuate da Dickinson. La canzone è infatti tratta dall’omonimo scritto del poeta, dove si narra la leggenda secondo cui Gesù, durante la sua fuga con Giuseppe d’Arimatea, giunse fino in Inghilterra, dove entrò in contatto con le tribù locali e con i druidi e i loro poteri di guarigione e la spiritualità alla base della loro religione. Blake, scrivendo quei versi, criticava anche aspramente la rivoluzione industriale in corso, rea a suo parere di rovinare i meravigliosi paesaggi rurali inglesi.
La canzone di Dickinson riprende il tema di fondo (l’importanza e la bellezza del paesaggio rurale inglese), ma nella sua canzone elogia anche lo spirito della sua nazione, la volontà di un popolo di erigere un Paradiso in terra, che sia, appunto, una sorta di Gerusalemme. E questo può avvenire solo in una terra fantastica qual è, a parere del cantante, l’Inghilterra. Una canzone certamente patriottica quindi, ma anche molto “ispirata” e “alta” e proprio per questo perfetta come inno nazionale secondo Marshall, a differenza invece dell’altra canzone che aveva nominato nella precedente intervista, ovvero Land of Hope and Glory: «Scegliere questa sarebbe quantomeno strano. È una canzone che parla di una estensione dei confini dell’Inghilterra “sempre più in là”. Un messaggio che avrebbe senso in età imperiale, ma oggi? Assolutamente no!». La favorita ad aggiudicarsi il titolo di inno nazionale inglese, quindi, pare proprio essere Jerusalem, dalla cui parte si è schierato il premier David Cameron e che durante il Royal Wedding tra Kate e William è stata addirittura suonata e cantata nell’Abbazia di Westminster. A questo punto la domanda è soltanto una: qualcuno salverà God Save the Queen?