È il capo del cartello di Sinaloa

Il blitz e la fuga dai canali di scolo Il terzo arresto (da film) del Chapo

Il blitz e la fuga dai canali di scolo Il terzo arresto (da film) del Chapo
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El Chapo è stato riarrestato. Dopo la sua rocambolesca fuga di sei mesi fa dal carcere di massima sicurezza di Altipiano, il più potente signore della droga di tutto il Messico, e forse del mondo intero, tornerà nella cella da cui a luglio era fuggito calandosi in un cunicolo lungo un chilometro scavato dai suoi uomini. Per Joachim Guzman Loera, noto con il soprannome El Chapo, capo del cartello di Sinaloa, adesso potrebbe esserci l’estradizione, chiesta a gran voce dagli Stati Uniti.

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L’esultanza di Pena Nieto. Nella conferenza stampa seguita all’annuncio via Twitter del presidente messicano Enrique Pena Nieto (che alle 19.19 dell’8 gennaio ha cinguettato «Missione Compiuta. Lo abbiamo preso»), è stato spiegato che l’arresto rappresenta «un orgoglio per l'intera nazione» nonché «un trionfo per lo Stato di diritto». Perché con El Chapo 98 dei 122 criminali più ricercati del Messico sono stati assicurati alla giustizia, mettendo in carcere un uomo che agiva anche fuori dai confine nazionali. Pare infatti, anche se la notizia non è mai stata confermata, che da latitante negli ultimi mesi El Chapo abbia minacciato di morte persino il sedicente Califfo Al Baghdadi, reo di averli rovinato i suoi traffici di droga in Medio Oriente.

Terzo arresto. Quella degli arresti e delle fughe del boss dei boss del narcotraffico è una storia che viene da lontano, e quello portato a termine all’alba di ieri dai marines messicani è il terzo arresto eccellente del Chapo, dopo che lo scorso mese di ottobre l’operazione di cattura in una zona montuosa nel nord-ovest del Messico era fallita lasciando al boss solo qualche ferita a una gamba e al volto. Questa volta, per prenderlo, oltre alle forze messicane, ci sono voluti i servizi segreti americani.

 

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Un blitz da film. Il blitz, degno della sceneggiatura dei migliori film d’azione, è avvenuto nello stato di Sinaloa, quello che ha dato i natali al Chapo, nella città di Los Mochis. Secondo le ricostruzioni fornite da vari media, i marines avrebbero fatto irruzione nella casa nascondiglio del Chapo, uccidendo cinque scagnozzi di Guzman catturandone sei. A difendere il boss c’era un vero e proprio arsenale, che è stato sequestrato: oltre a due veicoli blindati fuori casa, sono stati ritrovati otto fucili, una pistola e un lanciagranate a razzo. Due delle armi sequestrate erano di quelle utilizzate dai cecchini, calibro 50, in grado di penetrare la maggior parte dei giubbotti antiproiettile e le auto. Il lanciagranate è stato trovato carico.

Il tentativo di fuga. All’arrivo dei militari El Chapo si è dato alla fuga, ancora una volta nei canali di scolo, fino a raggiungere un punto a nord della città dove lo aspettava un’auto per scappare. Il mezzo però è stato inseguito e fermato in periferia. El Chapo che era seduto sul sedile posteriore, è stato portato in un motel dell’amore, di quelli che affittano stanze a ore, in attesa dei rinforzi che lo trasportassero prima a Città del Messico e poi in elicottero di nuovo a Altipiano. Su alcuni social network è stata diffusa una foto dell'uomo ammanettato a un letto, sporco, e con sullo sfondo un poster con la foto di una donna mezza nuda. Durante la fuga e l’inseguimento a Los Mochis tutto si è fermato, le scuole sono state chiuse e gli elicotteri sorvolavano la città a bassissima quota.

 

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Estradizione in USA si o no. A questo punto si apre di nuovo la questione del futuro del boss dei narcos messicani, e di conseguenza si ripropone il dibattito sulla sua estradizione. El Chapo, infatti, è richiesto dalle autorità federali degli Stati Uniti per essere messo sotto processo. Ma le precedenti richieste di estradizione sono state finora respinte, perché il Messico vuole che prima affronti il corso di giustizia interno al paese. Ogni volta che in passato l’estradizione è stata rimandata, per El Chapo è stato l’occasione di pianificare le sue rocambolesche evasioni dalle prigioni di massima sicurezza in cui stava scontando la sua pena. Adesso che per la terza volta è stato catturato, è il senatore repubblicano americano Marco Rubio a chiedere che il boss del narcotraffico venga immediatamente estradato: «Dato che El Chapo è già fuggito due volte dalle prigioni messicane», ha detto Rubio, «evitiamo di dargli una terza opportunità».

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