Il ministro Franceschini a Crespi
Nella giornata di venerdì 25 settembre il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini ha compiuto un itinerario in terra bergamasca. Alle 10 di mattina era alla Fiera di Bergamo per partecipare al convegno Visit Italy!, organizzato dal Comune di Bergamo e No Frills. Verso le 11.30 si è poi spostato all’Accademia Carrara per una visita privata alla pinacoteca. Dopo la visita ha affermato di aver visto «dei capolavori assoluti, una collezione degna di Bergamo città d’arte»; ha inoltre elogiato la tradizione di donare quadri, che a Bergamo si sta mantenendo a differenza del resto d’Italia. Nel pomeriggio ha poi raggiunto e visitato il villaggio operaio di Crespi d’Adda, da vent’anni patrimonio dell’umanità Unesco.
Durante la giornata è stato accompagnato da diverse autorità, tra le quali il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, quello di Capriate San Gervasio, oltre che diversi onorevoli del Pd bergamasco come Elena Carnevali, Giovanni Sanga e Antonio Misiani. Ma a Crespi, ad accogliere in prima battuta il ministro, dopo il giro all’interno della fabbrica, sono state le meravigliose classi dell’asilo di Capriate, che hanno sventolato bandierine colorate donato un biglietto all’importante ospite.
Un punto di partenza. Nel villaggio operaio la prima a prendere la parola è stata Valeria Radaelli, sindaco del comune: «Scusate il ritardo, ma il ministro si è già innamorato di Crespi; gli diamo il nostro benvenuto in questo luogo che è patrimonio dell’umanità. È il caso allora di riprendere un passaggio chiave dell’atto costitutivo dell’Unesco: “Poiché le guerre hanno origine nello spirito degli uomini è nello spirito degli uomini che si debbono innalzare le difese della pace”. Crespi è stato chiuso dal 2003 fino a pochi anni fa, quando un imprenditore moderno come Antonio Percassi ha avuto il coraggio di venire qui e far tornare questo luogo vissuto un luogo di lavoro. Il riconoscimento che ci ha dato l’Unesco è dovuto al fatto che la fabbrica nel 1995 funzionava e aveva il suo villaggio vivo. Lo spirito degli uomini, uomini come Silvio Crespi, ma anche Percassi, devono perpetuare questo luogo e dare l’idea dell’innovazione che qui c’è stata. I progetti che abbiamo come amministrazione sono tantissimi, ma senza l’aiuto delle istituzioni qui presenti oggi non potremo fare nulla.
L’articolo 4 della Convenzione di Parigi del 1972 sui siti Unesco – ha aggiunto il sindaco - riconosce la responsabilità del governo italiano per tutto il patrimonio; Capriate è uno dei soci fondatori dell’Associazione Beni Italiani Unesco nel 1996, ma il ministro sa le difficoltà dei siti italiani. Do due numeri: abbiamo 5 milioni di euro bloccati dal patto di stabilità e ne abbiamo potuti spendere solo 5mila per il turismo a Crespi. Credo però che grazie alla sinergia tra le istituzioni questo possa tornare ad essere un luogo di ricchezza, con posti di lavoro e benessere. Con un sito come questo facciamo 40mila visitatori l’anno, in altre parti dell’Europa si arriva anche a 200mila. Sono certa che insieme potremo raggiungere tali risultati: questo è un punto di partenza e non un arrivo».
Una scelta lungimirante per ridare vita a Crespi. Ha preso quindi la parola il ministro Franceschini: «Mi ha fatto piacere venire perché conoscevo questo luogo fantastico da molte letture e fotografie, ma non ero mai riuscito a vederlo personalmente. Stamattina col sindaco Gori abbiamo parlato delle straordinarie potenzialità di Bergamo e del lavoro che stiamo cercando di fare per far crescere il turismo qui e in tutta Italia, non soffermandoci solo sulle grandi capitali dell’arte, bensì andando a cercare la bellezza italiana che è dappertutto: nelle città d’arte, nei borghi, nei siti archeologici, nei siti industriali di importanza storica come questo, che è un luogo unico, conservatosi perfettamente nel tempo. Si respira la fatica, il sudore, le speranze dei singoli lavoratori, degli imprenditori che hanno attraversato un secolo intero. Grazie ad un imprenditore che ha fatto una scelta lungimirante e importante per il paese, si potrà valorizzare questo territorio come ha richiesto l’Unesco: non un luogo museo di se stesso, ma dove vivano l’impresa, il lavoro, la ricerca, l’innovazione. Io spero che siano imprese rivolte verso il futuro, come nella vocazione originaria di questo luogo. Il villaggio si è conservato intatto: spesso si parla male del mio ministero, ma l’Italia deve essere orgogliosa di aver avuto una legislazione che ha tutelato il patrimonio che altrimenti avrebbe potuto essere devastato e scomparire, come è avvenuto in altri paesi».
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Italia museo diffuso. «Questa è una sfida del Paese, su cui fare un investimento insieme, nel quadro che abbiamo dell’Italia come museo diffuso. L’Italia ha un patrimonio così vasto che a volte diventa difficile vedere la differenza tra una città patrimonio Unesco e quella a fianco, altrettanto bella. Diventerà sempre più difficile avere nuove tutele Unesco anche perché l’Italia ne ha già 51, ma è un numero che fa sorridere se pensiamo ad esempio che il centro storico di Roma conta come un sito solo. Abbiamo una tale quantità di bellezza che a volte non avvertiamo la distinzione, ma nel mondo invece sì: ci sono flussi turistici che vanno in un luogo preciso per visitare il sito Unesco. Quindi, grazie alla riqualificazione, in futuro verrà sempre più gente a visitare questo luogo, per capire com’è e vederlo vivo. È fondamentale perciò la collaborazione; pubblico e privato devono lavorare insieme per tutelare il patrimonio dell’umanità e dare ad esso un futuro. Crespi d’Adda è proprio il simbolo di questo».
Innovazione e lavoro per i giovani. Alla domanda su come sarà la riqualifica di Crespi, ha risposto Antonio Percassi: «Siamo onorati della visita del ministro e gli diciamo che qui faremo una cosa strepitosa: quello che noi promettiamo poi lo facciamo. L’idea è di riqualificare il villaggio e rendere nuovamente attiva la fabbrica. Crespi verrà ristrutturato in maniera encomiabile: questo è il contenitore. I contenuti saranno poi di grande livello, innovativi, per creare posti di lavoro soprattutto per i giovani».