Le ultime sul caso moschea in città Tra richiami e assessori "muezzin"
Pare proprio che il dibattito politico a Bergamo non riesca ad andare oltre alla questione della comunità islamica in città. Sabato 13 febbraio, infatti, l'assessore all’Innovazione, Semplificazione, Servizi demografici, Sportello polifunzionale, Servizi cimiteriali e Tempi urbani Giacomo Angeloni, attraverso il proprio sito, ha mandato un messaggio chiaro alla comunità musulmana bergamasca: «Le tensioni alla moschea di via Cenisio continuano. Tra lotte di potere, chiamate al 112 e gomme tagliate, pare che la tensione sia ormai alle stelle. Mi appello alle varie comunità e gruppi che si incontrano in quella sede per la preghiera affinché trovino equilibrio e la smettano di diffondere inutile nervosismo. Se la situazione non si dovesse stabilizzare, saremmo costretti a chiedere al Questore di prendere dei provvedimenti. Questo clima indebolisce ogni giorno gli interlocutori che l’amministrazione pretende debbano essere rappresentativi non delle liti ma delle reali esigenze dei Musulmani bergamaschi». Un ammonimento, come l'hanno definito i media locali. Di certo un sintomo della preoccupazione che c'è a Palazzo Frizzoni circa la gestione di una comunità che, dalle ultime settimane del 2015, è in subbuglio, vittima di tensioni e lotte di potere interne.
[L'immobile sequestrato di via San Fermo]
Quando tutto ha avuto inizio. La questione è diventata rovente a poche ore dallo scoccare del Capodanno 2016, quando si scoprì che pochi giorni prima la Guardia di Finanza e la Digos, in gran segreto, avevano sequestrato l’ex concessionaria Fiat in via San Fermo a Bergamo, zona cimitero. A dare la notizia era stato il segretario leghista Daniele Belotti, che aveva anche spiegato il motivo dei sigilli: qualcuno voleva farne una moschea abusiva. In men che non si dica sul fronte politico cittadino si sono scatenati i fuochi artificiali. Qualche giorno e diverse polemiche dopo, si è scoperta la realtà dei fatti: l'ex presidente del Centro Culturale islamico di via Cenisio, il medico Imad El Joulani, aveva comprato l'immobile con l'intento di trasformarlo in una moschea mascherata da centro culturale, un po’ come accaduto in via Quarenghi. Il tutto sarebbe avvenuto, secondo la denuncia avanzata dal nuovo presidente del centro di via Cenisio Mohamed Saleh, nel più assoluto riserbo, tanto che El Joulani è stato prima allontanato dalla sua stessa comunità, e poi denunciato per truffa (ma il pm Carmen Pugliese indaga per appropriazione indebita). Secondo la ricostruzione che emerge dalla denuncia presentata da Saleh per conto del Centro culturale islamico di via Cenisio e dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia, due anni fa il dottor El Joulani, a nome dell’associazione di via Cenisio, aveva ottenuto un finanziamento di 5 milioni dalla Qatar Charity Foundation per realizzare il più grande centro culturale islamico d'Italia nell'immobile di via San Fermo a Bergamo. Un interessamento, quello qatariota, che ha preoccupato molti, come avevamo spiegato QUI.
[Protesta della comunità islamica contro Mohamed Saleh]
Le tensioni interne alla comunità islamica. Oltre che aver acceso il dibattito politico cittadino, la questione ha diviso anche la stessa comunità islamica bergamasca. Da gennaio, infatti, sono stati necessari diversi interventi delle forze dell'ordine in via Cenisio. Il primo nella notte tra il 13 e il 14 gennaio, quando all’interno del centro islamico ci sono state tensioni tra i sostenitori dell’attuale presidente Mohamed Saleh e quelli di Imad El Joulani, predecessore di Saleh, per 15 anni alla guida del centro. Pochi giorni dopo, Saleh e il suo vice sono stati vittima di un atto intimidatorio: qualcuno, infatti, ha tagliato le gomme delle loro auto e ha danneggiato gli specchietti delle vetture. La settimana successiva, la riunione organizzata dai responsabili del Centro islamico di via Cenisio all'Auditorium San Sisto di Colognola si è trasformata in un nuovo momento di forte tensione: una quarantina di persone, con tanto di striscioni e cartelli in mano, hanno affermato di non sentirsi rappresentate da un gruppo direttivo non eletto democraticamente. Tra i contestatori anche un rappresentante dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia e uno della Qatar Charity foundation, tanto che qualcuno ha parlato di «sobillatori» in incognito. El Joulani, intervistato il 3 febbraio da L'Eco di Bergamo, ha respinto ogni accusa e ha anche annunciato: «Stiamo organizzando una manifestazione di protesta, in città». Nuove tensioni, infine, si sono registrate la scorsa settimana. Una situazione diventata insostenibile, che ha portato l'assessore Angeloni all'"ammonimento" di sabato 13 febbraio.
Il dialogo per una nuova moschea continua. Intanto, però, il Comune di Bergamo ha portato avanti il dialogo e il confronto con la comunità islamica di via Cenisio, da sempre unico vero interlocutore di Palazzo Frizzoni sui temi relativi all'Islam nel capoluogo orobico. Nonostante le tensioni, infatti, anche lo stesso sindaco Giorgio Gori ha sottolineato come «chi nega i diritti religiosi di una comunità favorisce l'abusivismo», rimarcando dunque la volontà della sua Giunta di trovare un accordo per la realizzazione di una moschea in città. Una presa di posizione chiara contro le forze politiche dell'opposizione, che nell'ultimo mese e mezzo hanno più volte alzato la voce contro questa politica dell'Amministrazione. Il 23 gennaio, ad esempio, la Lega ha organizzato una manifestazione di protesta proprio davanti a Palazzo Frizzoni, a cui hanno partecipato anche diversi esponenti di altri partiti. Gori rispose alle accuse a muro duro, affermando: «Non c'è nessun “atteggiamento supino e prostrato” nei confronti degli islamici, anzi. Chi manifesta contro il Comune dovrebbe piuttosto prendersela con se stesso. La legge regionale voluta dalla destra per impedire la costruzione delle moschee - sbagliata e a nostro giudizio incostituzionale - ha la responsabilità di costringere la comunità islamica nella direzione disordinata e illegale del “fai da te”, che è esattamente ciò che andrebbe evitato».
[Mohamed Saleh (a sinistra) e l'assessore Giacomo Angeloni (a destra)]
Tra ammonizioni e "muezzin". Ora, forse per la prima volta, anche il Comune, attraverso le parole dell'assessore Angeloni, ha preso una posizione dura anche contro la comunità islamica di via Cenisio, annunciando che ulteriori tensioni non saranno accettate e che dunque il dialogo rischia di interrompersi a causa della divisione interna alla stessa comunità musulmana. Una posizione che, però, non convince appieno il segretario provinciale della Lega Daniele Belotti, il quale, attraverso il proprio profilo Facebook, ha replicato in modo sarcastico ad Angeloni, chiamando in causa anche il sindaco Gori: «Ma il muezzin di Palafrizzoni chi pensa di prendere in giro? Da un lato fa il bau bau "minacciando" di far chiudere la moschea dei suoi "Fratelli musulmani" di via Cenisio, dall’altro continua a insistere per farne aprire una nuova, molto più grande e pure finanziata da chi sostiene i tagliagole! Caro El Gori, va a La Mecca insieme al tuo muezzin che l’è mei…». To be continued (ahinoi)...