Attenti a quei telefoni!

Navigare sui siti d'incontri è tradire La sentenza della Cassazione

Navigare sui siti d'incontri è tradire La sentenza della Cassazione
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È lunedì. Saranno passati almeno cinque anni – se tutto è andato bene – da quando il Tribunale ha dichiarato con sentenza la separazione da tua moglie, ti sarai innamorato e disinnamorato un altro paio di volte – sempre se è andato tutto bene. Nel frattempo c’è stata una decisione della Corte d’Appello di Bologna che ti ha dato torto – devi versarle un assegno di 600 euro mensili – ma attendi a breve la decisione della Cassazione. Ti sei scelto un legale che ci ha creduto, che, di per sé, non è un errore, anzi. Decisione che arriva proprio in quel lunedì di sole come un nuvolone: stabilisce che nemmeno il legale più furbetto e scafato può nulla contro l’autogol del nuovo millennio, hai lasciato incustodito il telefono o, per i meno tecnologici, non hai cancellato la cronologia.

 

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È andata così: tua moglie sposina (breve durata del matrimonio, dirai al giudice, come se non fosse quasi peggio) si accorge che scorrazzi impunito per siti di incontri e se ne va di casa. Abbandono del tetto coniugale! Era il 2003, qualsiasi cosa succeda, ti dicevano, non andare via di casa, non trattavano con una tale severità nemmeno chi evadeva i domiciliari. Ma suvvia, un diversivo, le amicizie alternative del web. Codice Civile alla mano, art. 143, obblighi di fedeltà e coabitazione: la furfante è lei che è andata via, i tuoi giretti su qualche sito di incontro non possono certo essere considerati tradimento. Se non lo erano nemmeno i contatti affettuosi ma platonici, scambiati in forma scritta, cinque anni fa, («L’addebito non può certo derivare dalla mera infatuazione [peraltro] non corrisposta di un altro soggetto», Cassazione I sez. civ., 12.04.13, sent. n. 8929), figuriamoci se possono esserlo delle visite su siti più affollati di altri.

 

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Lunedì la Corte di Cassazione ha detto no. Non commette violazione alcuna la moglie che – anche di punto in bianco, come in questo caso – abbandona la casa coniugale dopo aver scoperto che il marito naviga sul web in cerca di altre relazioni, perché si tratta di una «circostanza oggettivamente idonea a compromettere la fiducia tra i coniugi e a provocare l'insorgere della crisi matrimoniale all'origine della separazione». Quindi, nessun addebito. Quindi, assegno. Sempre Codice Civile alla mano, art. 151, comma 2 (Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio). Alla signora, (forse) nemmeno fisicamente tradita – non è elegante né romantico, ma pure i giudici che decidono sui destini dei matrimoni vogliono leggere i documenti, anche se increspati da lacrime evaporate – spetterà un assegno di 600 euro, un quinto della pensione dell’ex marito (3.000 euro).

 

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Lui sostiene che non è possibile, è vero, un profilo su un sito di incontri c’era, ma per così poco: «Tale circostanza non era sufficiente a provare che l'allontanamento fosse dipeso esclusivamente da ciò, in assenza di pregresse tensioni tra i coniugi». La Cassazione è severissima, lui cerca di «minimizzare la sua condotta», ma non coglie nel segno (consiglio tra le righe della Suprema Corte, almeno fatti vedere pentito). Lei, molto più giovane di lui, benestante, lavoratrice, proprietaria di immobili, di automobili di grossa cilindrata, di certo non ha bisogno di quei 600 euro che lo Stato Italiano obbliga l’ex marito a versarle. Sono solo la piccola rivincita, forse inutile, magari simbolica, quasi sempre amara, che spetta a quello dei due che ci ha creduto un po’ di più. Per tutti e tutte, fedifraghi e non (soprattutto non): attenzione a quei telefoni!

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