Caso Weinstein, quello che resta
Tutto inizia il 5 ottobre scorso, con un’approfondita inchiesta del New York Times. È la storia di una caduta, forse la storia di una maschera. Di come a volte, niente di quello che luccica è oro. Harvey Weinstein prima di una decina di giorni fa era un nome probabilmente già noto a molti, ma senza un volto preciso. Oggi, questo omaccione lo conosciamo tutti e non certo per i famosissimi film che ha prodotto durante la sua brillante carriera.
Ha 65 anni e negli Anni Settanta, ha fondato con il fratello la Miramax, dall’unione dei nomi dei loro genitori, Miriam e Max, nel 1993 acquistata da Disney. Questo ha fatto di lui un uomo sul tetto del mondo, la fetta di mondo più scintillante e perfetta, Hollywood, ringraziato più volte di Dio alla notte degli Oscar.
L'articolo del New York Times. Fino a quando è stato aperto il vaso di Pandora, con gli orrori del paese dei balocchi. L’articolo che ha scatenato lo scandalo è lungo e approfondito, a firma Jodi Kantor e Megan Twohey e inizia così: «Due decenni fa, il produttore di Hollywood, Harvey Weinstein invitava Ashley Judd all’hotel Peninsula a Beverly Hills per quella che la giovane attrice credeva una colazione d’affari». I racconti sono tutti simili fra loro. Un appuntamento di lavoro, un invito in un albergo. Non nella hall, come tutte si aspettano, ma nella stanza del produttore. Che le aspetta proprio in camera, dove le ragazze gli vengono praticamente servite da complici, a volte ricattati, a volte prezzolati, a volte entrambi. E poi le avances, una doccia, un massaggio, fino alle conclusioni, tutte già riportate in molti articoli, con dovizia di particolari sufficientemente morbosa e disgustosa.
La dichiarazione di Lauren O’ Connor, riportata dall’articolo del New York Times, è quella che meglio descrive la dinamica che ha permesso al produttore di spadroneggiare per trent’anni: «Sono una donna di ventotto anni, che cerca di guadagnarsi da vivere e fare carriera. Harvey Weinstein è un produttore di fama mondiale di sessantaquattro anni e questa è la sua azienda. L’equilibrio del potere è io: 0 Weinstein: 10».
Il vaso di Pandora aperto. Dopo l’articolo bomba, sono spuntate una dopo l’altra decine di donne che, professionalmente collegate in qualche modo a Weinstein, hanno denunciato le molestie subite. Weinstein ha giocato con donne fra le più belle e famose del mondo: Angelina Jolie, Gwyneth Paltrow – che fra le lacrime lo ringraziava durante la notte degli Oscar del 1999, quando è stata premiata come Miglior Attrice Protagonista del film Shakespeare in Love, pellicola prodotta proprio da Weinstein. E ancora Cara Delevingne, Romola Garai, Lea Seydoux, Rosanna Arquette, Kate Beckinsale, Asia Argento.
Le scuse e la casa di cura. Il segreto di pulcinella di Hollywood – perché “tutti sapevano” è stato scritto e detto più di una volta in questi giorni – finisce su carta stampata ed è tutto un denunciare, un dissociarsi. La casa di produzione da lui fondata lo licenzia, l’Academy lo esclude, la moglie lo lascia. Tutti lo abbandonano, il re Mida del cinema è solo. E lui si scusa, chiede una seconda chance, e poi, in pieno stile americano, prende il primo treno per l’Arizona e va in riabilitazione a curarsi dalla dipendenza dal sesso. Come se la copertina del Time fosse una diagnosi. Al di là del clamore, restano aperti molti temi e questo scandalo coinvolge tutti.
Lo squallore di fondo. Rimane la liberazione e il coraggio di tutte le donne che hanno avuto la forza di parlare, ma che hanno potuto farlo solo dopo l’inchiesta, quando l’attendibilità delle accuse era più che confermata. Tutte, infatti, parlano della paura di non essere credute, mentre la verità era nota anche ai più grandi. Anche Brad Pitt, che ha avuto relazioni con due delle attrici molestate, Angelina e Gwyneth, sapeva. Stiamo parlando di donne ricche e potenti, non di sprovvedute senza mezzi.
È possibile sentirsi dispensati dal giudizio sull’uomo, dal momento che i fatti parlano chiaro e sono tutti concordi. Ma sarebbe fin troppo facile additare l’orco cattivo che inseguiva neo attrici ninfette e che per trent’anni ha fatto il bello e il cattivo tempo nell’industria cinematografica mondiale, sentirsi sollevati una volta che l’erbaccia è stata spedita in una clinica isolata e lussuosa, praticamente l’infermeria dello stesso castello dorato dove ha regnato per tutti questi anni. Tutto il mondo della comunicazione è coinvolto dalla vicenda, i nuovi canali social, le dinamiche di potere, della dialettica fra uomini e donne, del sesso, del successo. Resta viva l’impressione che dietro i flash, i red carpet, il lusso, le luci, esista un mondo squallido, schifoso e così banale.