Amato dalla gente

Addio Edi, la memoria di Dalmine

Addio Edi, la memoria di Dalmine
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Immagini tratte da Dalmine in cartolina. Cento vedute di Dalmine dalla prima metà del Novecento, editore Comune di Dalmine, a cura di Edi Spreafico.

 

Due armadi traboccanti di fotografie stampate, sei terabyte di foto digitali e poi libri antichi, vecchie poesie, cartoline, volumi dei quali era autore. Questa è la preziosa eredità lasciata da Edi Spreafico, 69 anni, ex dipendente del Comune di Dalmine, ma soprattutto fotografo di eventi e manifestazioni. Uno che sapeva catturare la storia del paese, i volti, i luoghi, sapeva fissare gli attimi. E questa sua dote, questa passione sfrenata, l’aveva reso molto popolare: se ne andava in giro in bicicletta con la macchina fotografica a tracolla e puntava l'obiettivo su ciò che attirava la sua attenzione. Tutti lo conoscevano, anche perché in molti ci avevano avuto a che fare durante i 30 anni di servizio in municipio. Ne aveva girati di uffici: anagrafe, cultura, sport, servizi sociali. Fino ad approdare all’archivio. Ed è qui che ha cominciato ad appassionarsi alla storia di Dalmine, alle tradizioni locali, al territorio e a come il tempo l’aveva cambiato.

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Il ricordo della famiglia. Edi se n’è andato la scorsa settimana a causa di una malattia rara. «Era tornato dall’ospedale da una decina di giorni - racconta la moglie Ornella - almeno è riuscito a rivedere casa sua, dato che aveva trascorso quattro mesi al Papa Giovanni XX III». Avrà fotografato anche quello. «Di sicuro», ride Ornella, ripensando all'uomo che le è stato accanto per più di 40 anni. Con lei c'è il figlio Andrea, anche lui sorride con tenerezza ripensando a suo padre: «In verità non andavamo molto d'accordo - racconta -. Avevamo lo stesso carattere forte, quindi ci scontravamo spesso. Litigavamo, poi ci riappacificavamo. Quando gli si impallava il computer perché era troppo pieno di foto, mi chiedeva aiuto. Io scaricavo tutto su un hard disk esterno e lui ricominciava a riempire di immagini la memoria del pc».

Ornella e Edi si conoscevano da tutta la vita: «Io vivevo a Brembo, lui a Sforzatica. Ci siamo fidanzati quando io avevo 17 anni e lui 22, aveva appena finito il militare, carabiniere a Torino. Dopo qualche anno ci siamo sposati e siamo andati a vivere in un appartamento in affitto, poi siamo stati 20 anni a Dalmine centro e infine siamo tornati qui. Questa è la mia casa paterna». In via Palazzolo, sopra l'appartamento dei genitori, la scorsa estate si è trasferita la primogenita Silvia, insieme al marito e ai tre figli, la maggiore di 15 anni e i gemelli di sei. Così ora Ornella non è sola, i nipoti la tengono impegnata e le sollevano il morale. Anche se la più grande ha accusato il colpo: «Era attaccatissima a suo nonno, è quella che ha sofferto di più per la sua scomparsa», spiega nonna Ornella.

 

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In tanti erano affezionati a Edi Spreafico, il giorno del suo funerale la chiesa era stracolma, gente in piedi e perfino fuori, al freddo, sul sagrato. Sull’altare la maggior parte dei preti di Dalmine. «Tante persone sono venute a farmi le condoglianze - racconta la moglie - non le conoscevo tutte. Mi raccontavano aneddoti su mio marito, alcuni dicevano che il suo aiuto era stato per loro prezioso quando lavorava in Comune, quando spiegava loro che pratiche dovevano compilare o che documenti dovevano portare. Aveva sempre una battuta pronta per tutti». Anche per la sua Ornella e per i figli, solo che in casa si rilassava, gli piaceva tenere le redini della famiglia. «Mi diceva sempre “Comande me ma ta fet töt chél che ta ölèt te” (“Comando io ma fai tutto quello che vuoi tu” ndr)», dice ridendo la signora.

Le sue foto e il suo archivio. Spreafico si era fatto un nome, aveva pubblicato parecchi libri con le sue immagini, tante le collaborazioni per volumi storici sul paese come: Dalmine: cenni di storia. Dalle origini al 1963, oppure un volumetto in occasione del sessantesimo anniversario della Parrocchia di Brembo. L’ultimo libro, Dalmine dall’album dei ricordi è una chicca, un excursus per immagini del paese dagli inizi del Novecento agli anni Sessanta. Ci sono fotografie bellissime: le famiglie di una volta, la campagna, la costruzione della Dalmine e la vita in fabbrica, i primi scioperi, il fascismo, la Resistenza, la vita religiosa, le scuole, gli sport, la musica, i mezzi di trasporto, le arti e i mestieri, le associazioni.

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L'affetto della gente. Quando qualcuno doveva pubblicare qualcosa su Dalmine e le sue frazioni, quando venivano fatte delle ricerche storiche, delle mostre o quando in paese veniva modificato qualcosa a livello urbanistico, il campanello della casa di Edi suonava. Lui era ben felice di prestare la sua opera, così anche il suo archivio ne avrebbe beneficiato. La stima che la gente aveva per Spreafico è testimoniata anche su Facebook. Sul profilo Sei di Dalmine se... sono state pubblicati tanti ricordi, tante foto che lo ritraevano. Enzo Suardi aveva curato la prefazione di Dalmine l’album dei ricordi e scrive: «Ciao Edi, buon viaggio. Hai amato la tua città più di chiunque altro». L’amico Fabrizio Gamba ricorda: «Ci conoscevamo da decenni, più che altro perché appassionati di storia di Dalmine. Abitavamo vicini, mi ha reso partecipe spesso delle sue esposizioni fotografiche e quando organizzavo eventi con veicoli storici era sempre presente e mi deliziava con i suoi scatti».

La fotografia che la famiglia ha deciso di utilizzare come ricordo ritrae Edi con un mezzo sorriso, la camicia azzurra, il papillon e, sulla spalla, una grossa telecamera. Ornella spiega: «Era la scorsa estate, al matrimonio di sua nipote. Questa immagine lo ritrae proprio com’era lui».

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