Pizza, una gustosissima dipendenza
C’è una dipendenza davvero... buona. È quella dalla pizza, considerata da moltissimi un alimento irresistibile, con un'attrattiva addirittura superiore a quella di cioccolato, patatine fritte, biscotti e gelato. Il sospetto sulla squisitezza della pizza era già emerso alcuni anni fa da uno studio dell’Università del Michigan, negli Stati Uniti, pubblicato sulla prestigiosa rivista Plos One. Oggi le ricerche di un analista sensoriale aggiungono che l’amore per la pizza è alimentato anche da alcuni fattori emozionali, come dal mix di ingredienti e di colori, che riescono a stimolare alcune aree cerebrali del piacere.
In America la chiamano “pizza experience”. In Italia "gustosissima dipendenza". Comunque la si voglia definire, la conclusione è una sola: della pizza non se ne può fare a meno. Dopo il primo assaggio, l’amore diventa eterno. Tanto che la pizza, specie quella napoletana, è stata nominata dal 2017 patrimonio dell’Unesco, e oggetto di imitazioni in qualunque parte d’Europa, con versioni persino indiane e cinesi. Ma la ricetta “leggendaria” è solo italiana, o meglio napoletana: si racconta infatti che nel lontano giugno del 1889 il cuoco Raffaele Esposito fu convocato in pompa magna al Palazzo di Capodimonte, residenza estiva della famiglia reale, con la richiesta di preparare per Sua Maestà la Regina Margherita le sue famose pizze. Fu questa l’occasione in qui fu realizzata per la prima volta, semplicemente con pomodoro, mozzarella e basilico per onorare il tricolore, la pizza margherita, la più famosa la mondo, così chiamata per omaggiare la Regina e la richiesta regale.
Di forno in forno. Soprattutto nei forni a legna, nei decenni di pizze se ne sono cotte milioni e ne sono state create di ogni fattezza, abbinando gli ingredienti più classici e stravaganti: di terra e di mare, esotici e vegetali. Tutto per accontentare i palati di ogni tipo. Sembra però che, indipendentemente dal genere di pizza che si mangia (che non deve essere necessariamente la "migliore"), la bontà che si prova nell’assaporarla sia sempre la stessa. Il "fenomeno", dicono gli esperti, ha le sue ragioni. Ed è una questione di “dipendenza”, per l'appunto. In primis dagli ingredienti. Questi sono una combinazione sopraffina di grassi, zuccheri e sale: tre sostanze che, in sinergia, sono in grado di stimolare e soddisfare l'amigdala, un'area cerebrale che rende felice il cervello. Dunque, la prima forma di dipendenza della pizza è sensoriale e profondamente cerebrale. Ma non è tutto: la fame di pizza è alimentata dal perfetto mix di questi ingredienti: dalla base, ricoperta dal pomodoro alle acciughine, passando per la mozzarella filante che si amalgama e completa il sapore. Secondo i ricercatori, sarebbe proprio la caseina, la proteina presente nel latte, ad agire sui recettori oppioidi del cervello, tanto che il formaggio è considerato tra i cibi più coinvolgenti e stimolanti il piacere.
Poi c’è la "pasta". Anche la "pasta" non scherza. Quella della pizza è fatta anche di "croccantezza", quella della crosta, che paradossalmente è anche morbida se il bordo, come vuole tradizione napoletana, è alto il giusto. C'è poi la pasta del formaggio che dona "masticabilità" al piatto, e quella del pomodoro, con la sua sugosa umidità. Se è fatta a regola d’arte come sanno fare i mastri pizzaioli napoletani, i sapori e le essenze della pizza non si sovrappongono gli uni alle altre, bensì se ne colgono i differenti sapori sebbene sia, alla fine, un tutt’uno buonissimo.
I colori. Infine ci sono i colori, che, insieme al profumo, hanno un ruolo chiave nel farci venire l’acquolina in bocca. A partire dal rosso-pomodoro, dalla nevicata bianca della mozzarelle e dalla spruzzatina di verde della fogliolina di basilico, non buttata a caso ma messa ad arte, nel punto giusto, per attirare l’occhio e affilare i coltelli. Dulcis in fundo, ci vuole la compagnia, perché una pizza in compagnia, si sa, è uno dei piaceri della vita. Insomma, comunque e ovunque la si mangi, la pizza è una bontà senza confini. Avete capito perché crea dipendenza?