«Ma va da sola. Che macchina è?» Benvenuti sull'astronave Tesla
Mattina molto presto nella piazza della bellissima Ascoli. Avevo un problema di rientro urgente a Milano e grazie alla collaborazione di amici una macchina mi aspetta per portarmi a prendere il Frecciarossa delle 6,10 ad Ancona. Sono poco più di 100 chilometri da fare a strade evidentemente deserte. Nella piazza l’auto mi aspetta con i fanali accesi nella notte e illumina le pietre degli stupendi palazzi del centro della città: la scena ha davvero qualcosa di magico. Ancora un po’ assonnato salgo, saluto chi mi accompagna e partiamo. La sensazione è subito di essere su una macchina che ha qualcosa di strano. Il cruscotto è dominato da un grande schermo su cui scorre la posizione dell’auto in modalità «satellite», ben nota per chi come me ha una grande consuetudine con Google Maps. Ovviamente non c’è leva delle marce. L’auto è silenziosissima e sullo schermo la sua posizione viene seguita al millimetro. Quando la strada si fa più stretta, il video sembra zoomare e dare ancor più dettagli rispetto al percorso. Guardo il volante e al centro vedo uno stemma che al momento non mi dice niente. «Scusi, ma che macchina è?», chiedo consapevole dalla mia ignoranza a chi sta alla guida. «È una Tesla», mi risponde lui, con una certa (e legittima) soddisfazione. Nel mio immaginario ho sempre pensato che la Tesla fosse solo un’affascinante ipotesi di automobile, non un’auto bella e finita. Pensavo che fosse qualcosa pensata per il prossimo futuro non per il presente. Invece no. Stavo proprio viaggiando su una Tesla, un mezzo che stava a metà strada tra la normale quattro ruote di tutti i giorni e un’astronave.
Si viaggia veloci, ma il mezzo è silenziosissimo. «Per forza», mi dice l’uomo al volante. «Viaggiamo senza motore». Cioè? Chiedo io. «Certo, ha solo piccoli motori elettrici sulle ruote. Grandi poco più di una scatola di scarpe». E se l’elettricità finisce entra la benzina? «Se finisce ci si ferma. Questa è elettrica integrale. Autonomia di 500 chilometri: devi sempre sapere dove puoi andare a fare la ricarica». Niente di complicato, se non fosse che lo strapotere del petrolio con tutto ciò che ne consegue, costringe ad esempio a uscire dall’autostrada per trovare le colonnine. Poi bastano 15 minuti e al massimo 18 euro e il pieno è fatto.
L’astronave corre nella notte. Noto che quando si supera, sul video compare la sagoma del mezzo che viene affiancato per garantire che siamo a distanza giusta. Nell’approcciare una curva l’amico al volante stacca le mani e la Tesla se ne va da sola senza una sbavatura, perfetta e veloce stando nel centro della corsia. È il satellite che la guida, centimetro per centimetro. In Italia la guida autonoma non è ammessa e quindi sullo schermo esce il monito: «Tocca il volante». Ma negli Usa dove sono stati tolti questi vincoli, può anche succedere che uscendo dal supermercato con il cellulare tu chiami la tua Tesla che da sola esce dal parcheggio e arriva dove tu sei geoposizionato. In Italia con il cellulare, oltre che ad aprirla, si può però prepararla: da remoto le si dice la temperatura desiderata e la posizione dei sedili a seconda di chi, tra quelli autorizzati, si metterà alla guida. E i tagliandi, chiedo io, ogni quanto? «Tagliando è una parola che non esiste più», mi risponde l’amico. «Se qualcosa non funziona lasci l’auto dove c’è wifi e i tecnici intervengono da remoto sistemando tutto». Siamo arrivati. Scendo. E un po’ mi spiace tornare nel presente dopo questo piccolo passaggio nel prossimo futuro.