Aerei Usa nei cieli della Siria
Sono cominciati i voli di ricognizione degli Stati Uniti sulla Siria. Si tratta di aerei di sorveglianza, inclusi droni, che devono raccogliere informazioni di intelligence sugli obiettivi dei jihadisti dell’Isis. Secondo alcune indiscrezioni i voli sarebbero stati autorizzati anche da Bashar al-Assad, che inaspettatamente avrebbe aperto al nemico di sempre, gli Stati Uniti, ma il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest ha chiarito che per gli Usa «non c’è alcun progetto di coordinamento con il regime di Assad». Di sicuro c'è il fatto che anche Assad ha tutto l'interesse a fermare l’avanzata fondamentalista. In Siria come in Iraq, infatti, gli estremisti sunniti dell’Isis stanno attaccando chiunque non la pensi come loro. E Assad, in quanto appartenente alla setta alawita, minoranza sciita, è un nemico. Già a luglio gli aerei americani sorvolarono i cieli siriani per liberare il giornalista James Foley, che è stato decapitato nei giorni scorsi dall’Isis, ma il blitz fallì. Il governo siriano ha fatto sapere che se in quell’occasione Usa e Siria si fossero accordati, l’operazione avrebbe avuto successo.
Se gli Usa mandano gli aerei per una ricognizione, Damasco sarebbe già passata all’azione. A denunciarlo è l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, secondo il quale decine di raid sono stati già compiuti dall'aviazione del regime di Assad sulle postazioni dello Stato islamico nella provincia nord-orientale di Deyr az Zor.
I primi voli americani stanno solcando i cieli delle regioni controllate dai ribelli. Il sito di Al Jazeera, citando fonti dell’amministrazione Usa, vede la mossa come il primo passo verso un raid militare. Un nuovo intervento americano, occidentale, quindi potrebbe interessare il Medio Oriente, questa volta non per annientare una dittatura consolidata da anni, ma per combattere la deriva estremista, fondamentalista e terroristica che sta modificando i volti del mondo arabo. Il Wall Street Journal riferisce anche di un funzionario americano, secondo il quale i raid non sono in agenda, «ma per contribuire a prendere tale decisione si vuole ottenere il più possibile consapevolezza della situazione».
Anche la comunità cristiana ha invocato un intervento internazionale per fermare la spirale di violenza dei miliziani. Dopo la conquista da parte dei miliziani della zona di Raqqa, ultima roccaforte dei lealisti, il vescovo caldeo di Aleppo e presidente di Caritas Siria, monsignor Antoine Audo, si è unito al coro di richieste degli altri pastori della Chiesa in Iraq, invocando «una forza internazionale di pace». Il timore che anche in Siria i cristiani subiscano la sorte dei fratelli nella fede iracheni è più che fondato.
Una situazione delicata e assai confusa quella in cui si trova la Casa Bianca. Più volte a Obama i ribelli avevano chiesto un intervento nel Paese per liberare la Siria dal regime di Assad, ma l’America si è sempre astenuta. Adesso, bombardando l’Isis, Obama implicitamente aiuterebbe Assad dopo averne più volte richiesto l’espulsione dal paese. Ma è pur vero che i ribelli siriani non sono l’Isis e si pensa, quindi, di condurre un’eventuale operazione militare laddove il confine tra Siria e Iraq è ormai indefinito e non dentro il Paese. In questo modo l’appoggio ai ribelli da parte americana non verrebbe meno, e allo stesso tempo si avvierebbe un tentativo di arginare l’espansione della violenza dei miliziani tra Siria e Iraq.
Lo scorso anno, ricordiamo, si era sull’orlo di un raid, che fu scongiurato. A molto contribuirono il digiuno e la veglia di preghiera di centomila persone riunite in piazza san Pietro a Roma, il 7 settembre 2013, per chiedere una soluzione diversa dall’intervento militare in Siria. In quell’occasione i fedeli di tutto il mondo e di tutte le religioni vennero invitati da Papa Francesco a digiunare affinchè finisse il “rumore delle armi”.