intervento eccezionale

Ospedale Papa Giovanni, trapiantati due polmoni a paziente di 54 anni

L'operazione è durata sette ore e mezza. L'uomo ora può tornare a respirare.

Ospedale Papa Giovanni, trapiantati due polmoni a paziente di 54 anni
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In questi giorni di emergenza siamo stati abituati a vedere atti di eroismo. Medici e infermieri lottano in una battaglia senza fine, allo stremo delle loro forze, per restituire la guarigione completa alle persone finite in terapia intensiva, colpite dal Coronavirus. Ma quello che è successo ieri ha del miracoloso. Che va oltre ogni gesto eroico. Ha le sembianze del sovrumano. All’ospedale Papa Giovanni un trapianto di polmone è divenuto in questi anni quasi la normalità (ne sono stati effettuati 150). Ma in una situazione come questa, al culmine dell’epidemia, dove tutte le persone degenti in terapia intensiva sono affette da polmonite acuta, effettuare un trapianto di due polmoni ha dell’eccezionale. Ma è stato proprio così: un paziente di 54 anni, affetto da fibrosi polmonare, in terapia intensiva da mesi in attesa di trapianto, è tornato a respirare autonomamente grazie a due polmoni arrivati dal Lazio, ricevuti da un donatore deceduto poche ore prima. Quando al Papa Giovanni è giunta la notizia della disponibilità dei due polmoni i medici hanno valutato che quella fosse un’occasione irripetibile e, nonostante l’emergenza in corso, i dottori Mara Giovannelli e Marco Fabrizio Zambelli sono volati a Ciampino per prelevare gli organi, portati immediatamente nella sala operatoria del Papa Giovanni. Ad attenderli c’era l’équipe del dottor Michele Colledan, direttore del Dipartimento di insufficienza d'organo e trapianti del Papa Giovanni XXIII, con i chirurghi Annalisa Amaduzzi e Antonio Camillò e gli anestesisti Giusy Starita e Bruno Carrara. L’intervento è durato sette ore e mezza: e il bollettino medico dice che c’è stata una buona ripresa della funzione polmonare e ora il paziente è in condizioni critiche, ma stabili e in progressivo miglioramento, supportato dall’ossigenazione extracorporea Ecmo.

Tutto il sistema sanitario nazionale è sotto pressione, compresa l’intera rete trapiantologica, e sta facendo i conti con il sovraccarico delle rianimazioni e con le forti limitazioni della circolazione. «Questo non è solo un trapianto, è uno straordinario messaggio di speranza per tutti i nostri pazienti in lista d’attesa che oggi si sentono minacciati più degli altri dal coronavirus: la Rete trapianti non si ferma, è unita e solidale dal Nord al Sud del Paese e sta facendo il massimo per garantire l’attività di trapianto anche nelle zone più duramente colpite dall’epidemia -, ha dichiara il direttore del Centro nazionale trapianti Massimo Cardillo -. Ma è anche l’ennesima dimostrazione delle grandi capacità del nostro Servizio sanitario nazionale, ora messo alla prova dall’emergenza. Il ringraziamento va soprattutto al personale sanitario di Bergamo, al coordinamento lombardo e all’ospedale del Lazio che ha segnalato il donatore: stanno tutti lavorando in prima linea senza risparmiarsi».

Michele Colledan

«Il paziente era in condizioni gravissime e si trovava in terapia intensiva da oltre un mese senza aver avuto opportunità per il trapianto, anche perché la disponibilità di donatori specialmente qui nel Nord Italia si sta riducendo per colpa dell’epidemia - racconta il dottor Colledan -. Quando è arrivata questa occasione abbiamo pensato tutti che non potevamo sprecarla». Il chirurgo sottolinea inoltre che «un trapianto di polmone è un intervento complesso, ma che qui a Bergamo affrontiamo di frequente, l’anno scorso ne abbiamo eseguiti 13. Ma stavolta è stato necessario uno sforzo enorme in più da parte dell’intero ospedale: in questo momento noi operatori siamo tutti impegnati anche nella cura dei pazienti con polmonite da Covid-19, dall’équipe chirurgica alla terapia intensiva pediatrica diretta da Ezio Bonanomi fino alla pneumologia del professor Fabiano Di Marco che ha seguito il paziente trapianto prima e lo seguirà dopo, così come sta facendo con chi è affetto dal virus».

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