La pena del contrappasso ai writer che imbrattano i muri di Milano

Il Comune di Milano ha forse trovato la ricetta per arginare il dilagare dei graffiti che in modo quasi virale imbrattano i muri della città. Milano è infatti da tempo stata messa nel mirino da writer che vengono anche dall’estero, tanto da essere diventata la capitale del graffitismo vandalico. «Chi imbratta o danneggia i muri sa, o dovrebbe sapere, che commette un reato ed è giusto che risarcisca la comunità», aveva detto il sindaco Giuliano Pisapia nel 2012, riprendendo il modello messo in atto da un avversario politico della Giunta che l’aveva preceduto: Letizia Moratti. In sostanza, chi viene sorpreso con bombolette e vernici o paga una multa di 450 euro, oppure si adegua a svolgere lavori socialmente utili a favore del Comune. La Procura di Milano ha chiuso 190 procedimenti: a 63 graffitari, Comune e magistratura è stato accordato il percorso di “riabilitazione” (su 207 graffitari denunciati e indagati). Il realtà l’idea risale a due muralisti messi sotto processo nel 2007, che, condannati a pagare una super multa, chiesero al giudice di potere risarcire con il lavoro il danno fatto. Il giudice aveva dato l’ok, e l’allora assessore De Corato prese l’idea per cercare di mettere in riga i writer selvaggi.
Ma quell’assessore di centro destra non era arrivato a decidere con la durezza adottata invece dalla giunta arancione di Pisapia. Innanzitutto, sono state aumentate le multe, portate a 450 euro (che vanno ad aggiungersi alle eventuali multe stabilite dal giudice al processo: l’imbrattamento è considerato reato in base all’art. 639 del Codice Penale, che prevede la pena da euro 258 a euro 2.582 o la pena della permanenza domiciliare da 6 giorni a 30 giorni). In secondo luogo, l’avvocatura comunale ha cambiato la tipologia di reato, arrivando a contestare per la prima volta anche l’associazione a delinquere contro un gruppo di writer. Dopo aver alzato il tiro è stata formalizzata la proposta alternativa già sperimentata da De Corato. In sostanza, dal momento in cui si chiudono le indagini, al ragazzo viene spiegato che, se collabora, sarà messo in contatto con i servizi educativi per un lavoro socialmente utile e, solo alla fine, dopo le verifiche, il Comune darà il proprio assenso a un patteggiamento al minimo della pena, con la «non menzione» (significa che il precedente non comparirà al casellario giudiziale). La possibilità vale solo per la prima condanna. Se ci si ricasca, non ci sono più alternativa al pagamento delle multe.
Ma cosa sono chiamati a fare i writer per rendersi socialmente utili? Ad esempio, un ufficio comunale di sette piani completamente imbiancato dai writer, che quindi hanno potuto mettere le loro “competenze” a servizio della comunità cittadina. Altri sono chiamati a risarcire i soggetti colpiti con le loro bombolette, che nella maggior parte dei casi sono l’Atm – l’Azienda dei trasporti – e le ferrovie. I treni sono infatti i bersagli preferiti: 15 giorni fa un writer arrivato dalla Russia aveva perso la vita perché non si è accorto di un altro treno in arrivo. In tutto, le ore prestate dai primi 63 ragazzi che hanno patteggiato questo risarcimento alternativo alla pena, sono state ben 11mila. Con le vernici sporcano, e con le vernici rimettono a nuovo.