Il report

Gli analisti di Equita danno dieci buoni motivi per aderire all'Ops di Intesa su Ubi

La banca d'investimenti ha messo in fila una serie di ragioni per cui agli azionisti dell'istituto bergamasco-bresciano converrebbe accettare il cambio azionario e "passare" con Ca' de Sass

Gli analisti di Equita danno dieci buoni motivi per aderire all'Ops di Intesa su Ubi
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Mentre continuano i movimenti e le riflessioni dei grandi azionisti, a maggior ragione dopo la "piroetta" di Cattolica Assicurazioni, che sebbene sia parte del Car (Comitato azionisti di riferimento di Ubi, contrario all'operazione) ha deciso di aderire all'Ops di Intesa Sanpaolo col suo 1 per cento circa di capitale azionario dell'istituto bergamasco-bresciano, gli analisti sfornano giorno dopo giorno interessanti report, dicendo la loro sulla convenienza o meno per i soggetti coinvolti di accettare l'offerta presentata da Ca' de Sass. Il 14 luglio, Equita Sim, banca d'investimenti milanese advisor di Intesa, ha diffuso un approfondito documento nel quale riassume dieci motivi per cui, a suo parere, gli azionisti di Ubi dovrebbero aderire all'Ops.

  1. L’offerta «garantisce agli azionisti Ubi un premio del 28 per cento (rispetto ai prezzi di Ubi il giorno precedente all’annuncio), sette volte superiore a quello offerto in operazioni simili negli ultimi venti anni».
  2. In caso di «assenza dei termini dell’offerta», il valore del titolo di Ubi potrebbe potenzialmente perdere il trenta per cento del suo valore.
  3. Il terzo motivo è decisamente più... pratico: «La politica di dividendo di Intesa in passato è stata ben più generosa di quella di Ubi. Ad esempio, se dal 2009 le Fondazioni fossero state azioniste del gruppo guidato da Messina avrebbero incassato 46 milioni di euro di maggiori dividendi, il 31 per cento in più». Senza contare che «dal 2009, il titolo di Intesa ha generato un rendimento complessivo del +22 per cento contro una perdita del -55 per cento per Ubi». Aderendo all’offerta, quindi, gli azionisti di Ubi avrebbero la possibilità di entrare nel gruppo bancario con la politica di remunerazione degli azionisti storicamente più generosa tra le banche nazionali. Secondo i calcoli degli analisti di Equita, negli ultimi dieci anni Intesa ha pagato più di due terzi dei dividendi totali delle banche in Italia, mentre la quota di Ubi è stata solo del quattro per cento.
  4. Nel caso in cui la Bce a ottobre rimuovesse il divieto sulla distribuzione di utili, il Cda di Intesa «si è impegnato in modo più forte rispetto a quello di Ubi a pagare un dividendo, scenario che si tradurrebbe in un ulteriore vantaggio del dieci per cento per gli azionisti Ubi che aderiranno all’offerta».
  5. «A causa di una minore efficienza, Ubi può sostenere un aumento nel tasso di default fino al tre per cento prima di chiudere in perdita, rispetto al quattro per cento di Intesa».
  6. Ubi sarebbe più vulnerabile agli effetti della crisi Covid poiché più esposta a prestiti ad alto rischio, che rappresentano il 22 per cento del suo portafogli rispetto al 13 per cento di Intesa.
  7. Il settimo motivo è che, se anche Ubi restasse indipendente, non avrebbe valide alternative strategiche, dato che (secondo gli analisti) un’operazione con Mps richiederebbe un aumento di capitale sul mercato di almeno un miliardo mentre un’operazione con Banco Bpm «implicherebbe la necessità di riconoscere un premio agli azionisti con evidente rischio di diluizione per Ubi». Unioni strategiche con Mps e Banco Bpm, secondo Equita, sarebbero le «uniche due operazioni rilevanti che Ubi potrebbe considerare».
  8. L’ottavo motivo è che i risultati di Ubi in passato sono stati molto deludenti, avendo raggiunto solo il 42, l’11 e il 27 per cento degli obiettivi di utile 2013, 2015 e 2019.
  9. Sulla stessa falsariga il nono motivo, nel quale Equita sottolinea come, negli ultimi dieci anni, «il rendimento sul capitale di Ubi ha raggiunto un massimo del 4,6 per cento nel 2019, con un valore medio di 1,6 per cento», mentre Intesa «ha superato l’otto per cento per sei volte negli ultimi dieci anni, con un livello medio del 7,4 per cento».
  10. Infine, aderendo all’offerta gli azionisti Ubi entrerebbero a far parte di un gruppo più strutturato e diversificato sia su base geografica che di prodotto, «appropriandosi del 43 per cento delle sinergie».
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