Il progetto torinese d'avanguardia contro l'uso del cellulare in auto
C’è un dato preoccupante che circola tra chi si occupa di sicurezza stradale: la curva degli incidenti ha ripreso a salire. Nell’arco di dieci anni, tra 2001 e 2011, l’obiettivo che l’Europa si era data di dimezzare il numero di morti e feriti è stato sostanzialmente raggiunto. Infatti le strade europee sono le più sicure al mondo. Rimane però il dato assolutamente spaventoso che dice che sulle strade nel 2015 ci sono stati 70 morti e 370 persone gravemente ferite al giorno! In Italia nel 2015 si sono registrati oltre 3.400 morti e 246mila feriti gravi. Numeri inaccettabili. Tante le motivazioni: una è la fine della crisi che ha portato ad un aumento del traffico su tutte le strade; l’altra invece è un fattore nuovo per il quale si fa fatica a trovare le contromisure: l’uso dei cellulari sia da parte di chi guida sia di chi cammina e non guarda cosa circola attorno. Realtà che risulta in continuo drammatico aumento.
Ed è un fenomeno per il quale sino ad ora non sono state trovare contromisure adeguate. Tra le strade urbane, semafori e rallentamenti invogliano spesso a prendere in mano il cellulare, per cui la distrazione aumenta. Si rischiano multe e punti sulla patente, ma la percentuale di chi viene sorpreso è davvero infinitesimale rispetto all’uso che si fa del cellulare stando al volante.
A Torino però hanno deciso di fare sul serio. La polizia municipale ha introdotto un'“indagine forense” sui dispositivi che si può realizzare solo in caso di reati, dall’omicidio stradale alle lesioni. La tecnologia infatti lascia tracce, cercando queste tracce si può capire cosa sia successo negli istanti prima dell’incidente. Un modello che è diventato un caso nazionale, da introdurre anche nei convegni. «Abbiamo trovato grande interesse presentando questa metodica di intervento», ha spiegato il comandante della polizia municipale Alberto Gregnanini sulle pagine torinesi di Repubblica. «È un’assoluta novità. L’uso distorto della tecnologia provoca incidenti e vittime: la tecnologia però lascia tracce, cercando queste tracce si può capire cosa sia successo». «Della distrazione», ha spiegato il responsabile del nucleo della polizia municipale torinese Gianfranco Todesco, «rimane però traccia. Grazie alla tecnologia stessa posso sapere quando una persona stava chattando, stava telefonando o stava scambiando dati». E se invece eravamo in regola e parlavamo con il vivavoce o con l’auricolare? Nessun problema. La tecnologia permette di riconoscere l’uso corretto del cellulare.
Che comunque si stia facendo sul serio lo dimostra il fatto che per la prima volta a Torino, su incarico di un magistrato nel caso di un incidente grave, si è analizzato tutto il sistema tecnologico della persona sospettata di essere responsabile del sinistro. In Italia infatti l’indagine forense sui dispositivi si può realizzare solo in caso di reati, dall’omicidio stradale alle lesioni. Negli Usa si sta andando anche oltre: si vogliono cambiare le norme per permettere agli stessi agenti di fare immediatamente un’indagine nel caso di incidenti meno gravi. Insomma, attenti al cellulare.