L'arcivescovo arrestato in Vaticano
Nel pomeriggio di martedì 23 settembre l’arcivescovo polacco Josef Wesolowski, 66 anni, è stato prelevato dagli agenti della gendarmeria vaticana e messo agli arresti domiciliari, in attesa del processo penale.
In Vaticano non era mai successo. L’ex nunzio apostolico nella Repubblica Dominicana è accusato di abuso minorile per fatti compiuti nel periodo 2008-2013. Secondo l’accusa, Wesolowski avrebbe pagato alcuni ragazzini di Santo Domingo in cambio di prestazioni sessuali. Lo scandalo è emerso grazie all’indagine di una giornalista televisiva dominicana, Nuria Piera, che aveva altersì messo in luce il fatto che Wesolowski fosse un frequentatore abituale dei luoghi di prostituzione minorile; inoltre, nell’agosto di quest’anno, il New York Times aveva pubblicato un’inchiesta con alcune testimoinianze dirette dei ragazzi abusati.
Dopo l’inchiesta, Polonia e Repubblica Dominicana volevano processarlo: da Santo Domingo era stata inviata la documentazione a Varsavia, ma le autorità vaticane bloccarono tutto, facendo sapere che – in quanto cittadino vaticano dotato d’immunità diplomatica – Wesolowski non poteva essere estradato. Nell’agosto 2013 lo richiamarono a Roma, fatto che scatenò un'ondata di polemiche, ma per lui fu annunciato subito un doppio processo, canonico e penale. Alla fine di giugno di quest’anno la Congregazione per la Dottrina della Fede lo condannò alla «dimissione dallo stato clericale».
Nella giornata di martedì 23 settembre il promotore di giustizia del Tribunale vaticano lo ha convocato verso le 15 e, come si legge dalla nota diffusa nella serata di martedì dal portavoce vaticano padre Federico Lombardi, «gli ha notificato i capi d’imputazione». L’ex nunzio apostolico di Santo Domingo è stato arrestato in alcuni locali interni allo Stato della Città del Vaticano, precisamente nelle stanze del Collegio dei Penitenzieri, dove è sorvegliato dai gendarmi vaticani. Gli arresti domiciali gli sono stati concessi a causa delle precarie condizioni di salute.
Padre Lombardi ha chiuso la nota con una posizione molto netta: «L’iniziativa assunta dagli organi giudiziari dello Stato è conseguente alla volontà espressa del Papa, affinché un caso così grave e delicato venga affrontato senza ritardi, con il giusto e necessario rigore, con assunzione piena di responsabilità da parte delle istituzioni che fanno capo alla Santa Sede». L’arresto è il più eclatante effetto del piano per sconfiggere la pedofilia iniziato da Benedetto XVI e proseguito da Francesco, che nel luglio dello scorso anno aveva reso processabili i diplomatici vaticani e aggravato le pene per i casi di pedofolia nel clero.