Un bergamasco dall'altra parte

Bologna-Atalanta vista attraverso le rughe profonde di Donadoni

Bologna-Atalanta vista attraverso le rughe profonde di Donadoni
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È proprio un buon bergamasco questo Roberto Donadoni, forse troppo per i giornalisti di qui, di Bologna. Tutti convocati sabato alle 9.45 per la conferenza di presentazione della sfida di domenica contro l'Atalanta, praticamente l'alba viste le vecchie abitudini. E figurati i mugugni, «è presto», «questo orario va contro le leggi del buonsenso», «sto ancora dormendo», le occhiaie sono autostrade mica sentierini di campagna, le facce segnate dal cuscino, sbadigli, uuuuaaa. A dare la sveglia ci pensa lui, Donadoni, riccioli d'argento e accento inconfondibile da cow-boy di Cisano Bergamasco. La colt è il fischietto, gli speroni tacchetti. Lavora sodo, non perde tempo. Del resto, lo hanno chiamato apposta: perché il Bologna esca dal torpore e rientri nella corsa alla salvezza. Delio Rossi è già l'ombra del vento. Soffiato via, chissà dove. A Casteldebole, quartier generale dei prossimi avversari dell'Atalanta, c'è il sole. Ma è solo la scenografia di un melodramma a colori. Se domani è un altro giorno, oggi è il Donadoni-day, la vigilia della sfida che sarà anche il suo esordio in panchina. Si presenta con la tuta nuova di zecca, le iniziali serigrafate a caratteri grandi così, l'aria vispa. «Sarà una partita molto difficile - dice Donadoni -, anche perché sono qui da pochi giorni, devo accelerare un po' le cose, ma siamo ancora in una fase di approccio».

 

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Per intuire come sarà Bologna-Atalanta basta guardare le rughe di Donadoni. Profonde, lunghe, morbide e sincere, da uno che non si risparmia. Non lo faceva da giocatore, adesso poi. È lì dentro che si sono nascosti i segreti dell'ex corridore di fascia e del tecnico chiamato a risollevare le sorti un club che in estate doveva spaccare - Joey Saputo, il chairman, è il 300esimo uomo più ricco del mondo e ha già una squadra, i Montreal Impact che fa la Mls e quest'anno ha comprato Didier Drogba. In estate, sì, ma che oggi fa fatica anche solo a segnare un gol. Allora gli dicono: «Ehi Mister, fortuna che l'Atalanta di punti fuori di casa ne fa pochi, no?». Troppo bergamasco questo Donadoni per cadere nel trappolone dei numeri. Nel tranello delle statistiche. Risposta: «Devo toccarmi da qualche parte?». No, mister, gesti apotropaici no. Siamo fatti così noi giornalisti, ci arrangiamo con le statistiche, i numeri, le cabale, i 4-3-3, i 4-4-2, i 5-5-5 di Oronzo Canà. La verità è che, dice Donadoni, «l'Atalanta è una squadra che ha giocatori svelti, di esperienza, squadra assortita bene e non a caso ha questa classifica. Giocatori bravi, che hanno gamba. Quando si chiudono e si difendono sono pericolosissimi». A Bologna sono tutti preoccupati. Perché quella che arriva al Dall'Ara non sarà una corazzata magari, ma è di sicuro è uno «squadrù», uno di quelli che punta dritti all'Europa sferragliando sui binari dei sogni. Ed è strano che adesso (anche se il campionato è lungo, per carità) debba scontrarsi con un bergamasco doc, Donadoni, uno degli eroi della terra orobica.

 

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Già, troppo bergamasco questo Donadoni per non dire pane al pane e vino al vino, per nascondere che l'Atalanta è una squadra «in un grande momento» e che forse per il Bologna il momento di affrontarla non è il migliore, per non temere le fulminanti giocate del Papu o le acrobatiche indolenze di Pinilla. No, troppo esperto questo Donadoni per non riconoscere le abilità nerazzurre e non darne meriti. Per capire che partita sarà bisogna guardargli la faccia, a Donadoni, che avrà anche un sorriso gentile, ma la garra, beh, quella è la solita di quando giocava. Roba da riversare nella testa dei suoi giocatori, quelli del Bologna: «Voglio vedere grinta e determinazione, una squadra che abbia voglia di lottare e di far fatica. Per il compagno. Per il bene di questa società. Con l'entusiasmo di chi è cosciente delle proprie possibilità. Questo spirito, voglio vedere». È certo che sarà una battaglia, una sfida senza esclusione di colpi. «L'Atalanta è una squadra solida, che sa quello che vuole, una squadra che non ha cambiato tanto. E questo è un vantaggio per loro. A differenza del Bologna che invece ha cambiato molto, ha giocatori che devono conoscersi fino in fondo». E se aspettassimo altri novanta minuti, eh?

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