1 ora e 50 minuti al giorno spesi a pensare

Attenti alle troppe preoccupazioni Accorciano la vita anche di 5 anni

Attenti alle troppe preoccupazioni Accorciano la vita anche di 5 anni
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Cogito ergo sum’: penso dunque sono, diceva Cartesio, caratterizzando una delle migliori facoltà dell’essere umano. Tuttavia, forse, non aveva considerato il fatto che questi pensieri, se diventano troppo invadenti, non solo logorano le nostre giornate ma potrebbero pure arrivare a sottrarre diversi anni della nostra esistenza. Specie se le preoccupazioni riguardano questioni private, ossia rapporti interpersonali, secondo quanto attestato da sondaggi e studi europei.

 

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Tutto il tempo trascorso a pensare. Ore e ore passate a pensare: in media un’ora e cinquanta minuti al giorno, ovvero 12 ore e 53 minuti a settimana che a conti fatti equivalgono a quattro anni e 11 mesi in circa 64 anni di vita. Decisamente una marea di minuti spesi ad arrovellarsi e a risolvere questioni di ogni sorta e importanza, a discapito spesso della salute e della lunga vita. Non sono numeri campati in aria ma quelli emersi da una indagine inglese, condotta per conto di una compagnia di prodotti erboristici, fra 2mila adulti che, con il cuore in mano, hanno dichiarato di perdere sonno nell’84 per cento dei casi a causa di quei dannati pensieri e in 6 casi su 10 di avere pure logorato la salute. Ma non tutti i pensieri sono uguali: quelli che preoccupano di più riguardano soprattutto il lavoro e le questioni finanziarie che potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza famigliare, il mantenimento di buone condizioni fisiche proprie ma anche dei congiunti o degli amici, fino a pensieri di ordine quotidiano, come il timore di essere in ritardo ad un appuntamento, di perdere un mezzo pubblico, di indossare l’abito giusto in occasioni di lavoro e/o sentimentali. E poiché siamo esseri pensanti, appunto, tra le preoccupazioni non possono mancare neppure questioni di carattere sociale, come il problema dell’invecchiamento dei propri famigliari e della popolazione in generale, o il crescente terrorismo e l’impoverimento della qualità degli ambienti e della società.

 

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Quanto contano i rapporti. I rapporti interpersonali: sono questi ultimi, senza nulla togliere alle altre questioni, che causano i maggiori danni (o benefici) alla vita. Ovvero fanno bene alla salute se dalle persone, amici, vicinato, famiglia e collettività riusciamo a trarre un supporto psicologico e emozionale efficace, ma se i rapporti con il circondario sono difficili, tesi e conflittuali gli effetti sortiti sono esattamente opposti. Fino ad accorciare gli anni di vita e a perderne anche cinque. Lo ha dimostrato uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Copenaghen, in Danimarca, e pubblicato sul Journal of Epidemiology and Community Health, secondo cui pensieri correlati al partner, alla vita di coppia o ai figli potrebbero aumentare il rischio di mortalità. I ricercatori hanno preso in considerazione quasi 10mila individui di età compresa tra i 30 e i 60 anni, seguendo per 11 anni gli stati d’animo che accompagnavano le loro relazioni con il partner, figli, parenti, amici e vicini con l’obiettivo di valutare chi, fra di essi, potesse essere fonte e causa di stress o inducesse sintomi depressivi o al contrario se quelle stesse relazioni svolgessero una azione di supporto psicologico e motivazionale. Sorprendentemente è emerso che a fare la differenza sulla longevità sono le preoccupazioni associate ai rapporti famigliari: ovvero se i pensieri bui riguardano il partner, il rischio di mortalità può raddoppiare, mentre se associato a questioni inerenti i figli l’incremento del pericolo può essere del 50%. Rischi tanto più crescenti se poi i conflitti sono frequenti, a tal punto che rapporti tesi con il partner o gli amici potrebbero più che raddoppiare e anche triplicarsi se ad essere coinvolti sono invece i vicini di casa. Su questi fattori incidono, poi, anche altre componenti, come ad esempio la disoccupazione che può pesare con una percentuale di rischio maggiorate anche del circa 4,5 in più. Vari i pensieri e varie anche le cause di  mortalità: infatti nell’indagine in circa il 50% dei casi quest'ultima era stata indotta da tumori, mentre un’altra buona parte da malattie cardiovascolari, patologie epatiche, incidenti o suicidi.

 

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I meriti dello studio. Le ricerche inglesi e danesi non sono state solo pura statistica. Gli esperti dichiarano che hanno un importante valore aggiunto: quello di avere messo in luce come e quanto le relazioni sociali possono incidere sia sul mantenimento di un buono stato di salute sia sulla longevità, di qualità si intende. Dunque, non c’è che dire: costruire sane e buone relazioni sociali val proprio la pena e fa bene alla salute.