Benvenuti alla Casa del Commiato di Montecitorio. Immagino che molti si saranno chiesti che aria tirasse nei giorni scorsi in Parlamento. Ecco, per dare un’idea pensate all’atmosfera che regna intorno a un defunto. Poi moltiplicate per 630, tante sono le onorevoli salme che però non riposano distese, ma ondeggiano camminanti come morti viventi su e giù per il Transatlantico. Neanche fossimo a Seriate, unico Comune al mondo che ha due “sale ricevimento per morti” in soli cinquanta metri (roba da sfregarsi i piccoli gioielli pelvici ogni qualvolta si imbocca via Dante), a Roma non si sono risparmiati e di Case del Commiato ne hanno fatte anche lì due, vicine (mai come a Seriate, però), ma soprattutto grandi, molto grandi: una, appunto, da 630 salme, l’altra di 315 detta “Madama la marchesa, ormai l’è ‘ndacia”. È quella dei senatori.
Tornando al funerale di Montecitorio, nel Transatlantico c’era chi piangeva affranto dal dolore, e chi piangeva ma sotto sotto godeva. Erano gli ex onorevoli o i trombati delle ultime elezioni, che per un attimo ha pregustato l’occasione per risorgere, neanche fossimo a Pasqua. Da trombati speravano di diventare trombatori, trombando uno che li aveva trombati. E così il grande corridoio di Montecitorio era diventato teatro di un corteo funebre. Nei divanetti dove fino a pochi giorni prima si parlava di politica internazionale, di welfare, di green economy (e in quello di Sgarbi di f…), fino a martedì il tema fisso è stato: «Ma abbiamo già finito?». Invece della politica internazionale si parlava della politica di casa (propria), della serie «e ora chi lo dice a mia moglie?» (o al marito che si era già messo in aspettativa?); invece di welfare il problema era «cazzo, ho speso cinquantamila euro di campagna elettorale, ora come rientro?».
Un divanetto in cui nulla era cambiato, però, era quello…»